
Un testo teatrale al servizio dell'occhio esperto del regista russo Nikita Mikhalkov. Remake de La parola ai giurati - film che nel 1957 segnò l'esordio alla regia di Sidney Lumet - 12 ne è un riuscitissimo adattamento, grazie anche a una prova corale degli attori senza alcuna defezione.
Ambientato totalmente all'interno di una palestra, dodici giurati si ritrovano a dover decidere all'unanimità della sorte - ormai segnata - di un giovane ceceno accusato di parricidio. Ma nel meccanismo qualcosa si inceppa, e la certezza della pena viene messa in dubbio da un giurato che, poco a poco, costringe ognuno a rivedere le proprie posizioni, rendendo la sentenza più difficile del previsto.
Un thriller psicologico che rappresenta il ritorno alla regia di un maestro del cinema mondiale (Oci Ciornie, Pianola meccanica) con una sceneggiatura attualizzata ed efficacissima sulla giustizia (umana e divina) e sul libero arbitrio.
La pellicola, dal punto di vista formale, si serve delle ottime prove attoriali dei "giurati" - fra i quali un affascinante Mikhalkov - differenziandosi totalmente dal "fratello" americano, puntando tutto nella messa in scena di una tragedia legata indissolubilmente alla storia russa degli ultimi decenni, raccontando allo spettatore l'evolversi stesso dell'omicidio, in modo da ribaltarne gradualmente verità e convinzioni.
Nonostante la durata (quasi tre ore), la concentrazione resta focalizzata sul destino di un giovane e sulla possibilità di una giusta redenzione, puntando il dito sul destino e sull'indifferenza degli esseri umani verso i propri simili, indifferenza che viene scalfita da ogni singolo giurato che, in una specie di catarsi, esterna al cospetto degli altri le proprie tragiche esperienze.
fonte:http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=49630
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