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Viaggi e Racconti - Uno storico ritorno: Georgia.



gringox [ 23 Luglio 2013, 16:29 ]
Oggetto: Uno storico ritorno: Georgia.
Uno storico ritorno: Georgia.

Da dieci anni non mettevo più piede in questo Paese. E di colpo mi ritrovo qui per ben due volte nell’arco di poco più di un mese. Forse per le montagne da brivido, forse per il calore umano del popolo, forse per l’ottima cucina, forse per quel giusto mix di sensazioni mediorientali e russofilia… sta di fatto che la Georgia mi è sempre stata nel cuore, sin da quando vi ho messo piede la prima volta, dieci anni or sono, nel lontano 2003.

La Wizz Air che negli ultimi tempi, per un motivo o per l’altro, sto sfruttando parecchio, anche questa volta mi ha fatto un grosso regalo: l’apertura del volo diretto (economico, se prenotato con un certo anticipo) Kiev – Kutaisi, città georgiana che pur dal nome sconosciuto è la seconda per grandezza dopo Tbilisi, situata sulla “trassa” che collega la capitale, dalla quale dista circa 250 km., alla città costiera di Batumi che dista da Kutaisi 150 km. circa. E così tra ponti e festività varie che in Ucraina hanno abbondato nella prima parte di quest’anno, mi è venuto lo schiribizzo di organizzare due bei viaggetti in Georgia con mogliettina al seguito; prima Tbilisi, dove in qualche modo potevo “ribeccare” vecchie conoscenze risalenti a dieci anni fa, e successivamente Batumi, dove avrei potuto rilassarmi un paio di giorni al mare in un posto dove, se i ricordi non mi avessero tradito, l’acqua del Mar Nero è decisamente più pulita e calda di quella in Ucraina.

Certo, nel 2003, ero ancora viaggiatore con le “palle”: zaino in spalla da 20 kg, tenda, anfibi, fornellino e sacco a pelo, e al fianco l’inseparabile compagno di avventure Mr.G.; la Georgia è stata l’ultima vera avventura “dura e pura” che riempiva le allora vacanze di agosto… allora vivevo e lavoravo ancora a Milano e il mese di agosto si staccava la spina per dare sfogo al desiderio di libertà e alla voglia di mettersi in viaggio, unendo russofilia, spirito di esplorazione e desiderio di avventura.

Quanto cambiamento in dieci anni! Me ne accorgo già subito dopo lo sbarco a Kutaisi nel nuovissimo miniaeroporto, talmente moderno e asettico da sembrare un’astronave extraterrestre piombata in mezzo alla campagna georgiana per caso (attualmente mancano ancora negozi e bar, e pure il cambio valute, per fortuna che almeno ci sono le toilette funzionanti, oltre ad uno striminzito ufficetto informazioni che fornisce qualche depliant, e a qualche cisterna d’acqua, di quelle coi bicchierini di plastica, sparse qua e là nell’aeroporto). Chissà, l’avranno aperto solo per la Wizz Air?

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L’aeroporto di Kutaisi.

Ma ben presto, già all’uscita dell’aeroporto dove decine di omaccioni georgiani in pantaloncini e ciabatte ti assalgono pedantemente invitandoti al loro taxi o marshrutka per portarti alla tua destinazione, mi rendo conto che questa è la Georgia che mi ricordavo! Fuori dall’aeroporto la strada, ed intorno la campagna… non c’è traccia della città… Kutaisi non è qui, ma a 20 km.

Tbilisi ed escursioni varie, 01 – 06 maggio 2013.

…dicevo, mentre la marshrutka sfreccia veloce e sicura per le serpentine verso il passo Rikoti per poi ridiscendere verso Khashuri, Gori e fino Tbilisi io guardo fuori e penso, lascio spazio ai ricordi della mente… in fondo non mi sembra tanto cambiata questa Georgia; più probabilmente, anzi sicuramente, sono cambiato io! Questi miei occhi, filtro di emozioni e sensazioni per il corpo e per la mente, non sono più quelli di allora, l’approccio psicologico è diverso. E anche il mio “mirovozrenje” non è più quello di una volta.

Dieci anni fa il Gringox “viaggiatore” si tuffava nella dimensione del viaggio per potersi abbeverare di nuove emozioni e sensazioni, per staccare la spina nel modo più consono alla propria essenza; per alimentare la sua russofilia, il desiderio di conoscenza di nuove realtà unite alla ricerca dell’estremo nel viaggio, per provare sulla pelle quei brividi di gioia che solo il trovarsi in certe situazioni ti dà; e ciò riusciva particolarmente bene poiché le mete erano scelte sempre accuratamente per essere le più originali, le più strane, e perché alla fine di ogni viaggio si poteva tranquillamente dire: “missione compiuta”, e restava la profonda soddisfazione interiore e la consapevolezza di un nuovo arricchimento personale.
Non che oggi non sia più capace di emozionarmi davanti a certe situazioni, ma questi miei occhi oggi vedono la realtà davvero in modo profondamente diverso rispetto ad allora e quei brividi sulla pelle mi tornano ancora, ma sono brividi di nostalgia legati a pensieri e ricordi di quell’ormai lontano passato. Oltre otto anni di Ucraina, di vita kievliana, di spostamenti in lungo e in largo per lavoro attraverso le sterminate campagne ucraine, di confronto-scontro con una quotidianità spesso dura e frutto delle difficoltà anche pratiche del post-comunismo e totalmente diversa da quella in cui sono cresciuto in Italia, hanno nel corso del tempo modificato il mio modo di vedere e vivere la realtà che mi circonda e, sotto certi aspetti, posso dire di essermi adattato ad essa. E così il ripetersi di determinate situazioni e il sapere già in anticipo cosa aspettarsi in una certa situazione, il trovarsi in circostanze simili, il confrontarsi con infrastrutture e servizi simili a quelle in cui mi trovo quotidianamente in Ucraina, il toccare con mano certi paradossi sociali, sono gli aspetti che all’apparenza mi colgono in questo mio ritorno in Georgia, ma senza sorprendermi.

Ecco che dunque tornare in Georgia oggi, nel 2013, non mi dà più quell’impressione di novità, bensì appare ai miei occhi più semplicemente come una visita turistica in una regione meridionale di un Paese appartenente ad una macro-dimensione che già conosco bene ed uscita da un passato comune ancora troppo recente, pur con le diversità del caso (paesaggio, popolo, lingua, clima più caldo, ecc.). Ho detto niente? Paesaggio, popolo e lingua sono fattori determinanti nella differenziazione tra Stati e Nazioni – e lo so bene! Ma ciò vale forse per il resto del mondo; da queste parti invece non è proprio così: popoli e lingue diverse hanno vissuto per anni insieme sotto lo stesso tetto e si sono mischiati tra loro, e tuttora oggi, seppur divisi, risentono di quei legami di allora e si portano dietro un’eredità comune molto difficile e molto lunga da scortecciare e talvolta, come nel caso della Georgia dell’ultimo decennio, accusano un forte senso di vittimismo e di accerchiamento russo – e da qui ecco il problematico rapporto con la Russia, i Russi e la lingua russa (non dimentichiamoci la guerra dell’agosto 2008 quando georgiani e russi si scontrarono per un discorso territoriale; in seguito ad essa la Georgia ha praticamente perso l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia). E poi lo stesso sviluppo post-sovietico è a grandi linee simile in tutte le società e i Paesi che prima formavano l’Unione, e ciò lo si vede nelle infrastrutture, nei servizi, nello stile della nuova edilizia, nel parco macchine, nel design dei nuovi negozi e ristoranti, nella moda, nelle contraddizioni della società, ecc… E l’occhio ucraino o russo che sia (e il mio modo di vedere le cose ormai può essere assimilato a quello), piombando qui in Georgia, di questa situazione se ne accorge immediatamente. Se non fosse per le due orette di volo e per il controllo passaporti in ingresso, avrei potuto tranquillamente dire di essere giunto in una regione dell’Ucraina o della Russia.

Ma se superficialmente non mi stupisco di ciò che vedo fuori dal finestrino, so bene che sono altre le cose per cui vale la pena venire in Georgia e che riescono a sorprendere anche l’homo (post)-sovieticus per il radicalismo e la profondità della loro essenza. Aspetti identitari che legano indissolubilmente tutti i georgiani alla propria Terra e che si tramandano di generazione in generazione e che fanno di questo un popolo orgoglioso e unito, sotto certi aspetti gretto, ma assolutamente unico. Basta ad esempio avere un amico o un conoscente georgiano per rendersi conto del valore della sacralità dell’ospite; basta capitare ad una qualche festa religiosa o di famiglia per comprendere il valore supremo che essi riconoscono nella famiglia; basta semplicemente scambiare due chiacchiere con dei georgiani incontrati per caso per provare sulla pelle il calore umano del popolo; basta entrare in un monastero mezzo diroccato su un cucuzzolo di una montagna per percepire la profonda religiosità della gente; basta sedersi a mangiare in un qualche ristorantino tipico per assaporare l’antica tradizione georgiana sotto forma di cibo, oppure buttare giù – e non sorseggiare! Qui il vino si beve alla goccia – un bicchiere di vino “domashnee”, dopo aver ascoltato le parole del tamadà che ha pronunciato il suo “tost”, per provare sulla pelle (e dopo qualche bicchierino, pure nella testa!) il legame antico tra uomo e vite; basta ammirare le cime innevate e le pareti scoscese delle montagne del Caucaso per comprendere la naturale rudezza di un popolo che è intimamente legato alle sue montagne; basta farsi raccontare qualcuna delle leggende o qualche aneddoto che si tramandano da generazioni per comprendere la fierezza e la combattività dei georgiani…

Certo, dicevo, la stessa Georgia è cambiata in parte, anche “superficialmente”. Allora c’era al potere l’anziano e corrotto Shevernadze (tra l’altro ultimo ministro degli Esteri sovietico ai tempi di Gorbaciov), che in un’occasione io e Mr.G. abbiamo avuto pure la fortuna di conoscere e di stringergli la mano; poi la rivoluzione delle rose del novembre 2003 ha portato al potere Saakashvili, anch’egli oggi caduto in disgrazia dopo le elezioni dell’autunno 2012 che hanno modificato l’assetto parlamentare, relegandolo in minoranza.
Più evidenti di ogni altra cosa – e me ne accorgo guardando fuori dal finestrino della marshrutka – sono la buona condizione delle strade e l’apparato della polizia. La polizia è ora più di tutto il simbolo dell’ordine politico e sociale dell’ultimo decennio.

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Una stazione della polizia a Tbilisi, proprio di fronte all’hotel Torelli, dove alloggio, in ul. Tabukashvili.

Pattuglie ovunque, moderne macchine (in genere Skoda o marche giapponesi) e ben attrezzate, poliziotti con belle divise in stile americano che spesso capita di sentire urlare al megafono dalla volante frasi sbiascicate – cosa divertentissima da vedere – per far notare infrazioni e far fermare le macchine interessate; stazioni di polizia moderne e tecnologiche, edifici con vetrate di colore verdognolo-giallastro identici ovunque, disseminati per le strade del Paese, dove sventolano la bandiera georgiana – quella c.d. “delle cinque croci”, pure quella nuova, rispetto a 10 anni fa, anche se in realtà antica e risalente a più di 500 anni fa (identica a quella dell’Inghilterra, se non fosse per l’aggiunta di quattro piccole crocette rosse in ogni quadrato creato dalla croce rossa grande su campo bianco; ai tempi di Shevernadze la bandiera post-sovietica aveva un campo rosso amaranto con un rettangolino in alto a sinistra a strisce orizzontali nera e bianca), accanto a quella dell’Europa, a sottolineare una volontà istituzionale georgiana verso l’unità europea. Questi posti di polizia comunque stridono fortemente col paesaggio intorno, in parecchi casi ancora più arretrato di quello ucraino a me ben noto (ad eccezione come detto delle strade). Del resto, qui è un onore lavorare in polizia: posto sicuro, stipendio sopra la media, benefits vari… altro che Ucraina! Saakashvili ha così eliminato totalmente la corruzione! Qui davvero – dicono – nessun poliziotto prende più bustarelle! Sarà vero?

E così eccoci a Tbilisi. Vagamente me la ricordavo: estesa lungo il fiumiciattolo dall’acqua marrone chiara e dal nome impronunciabile Mtkvari; palazzi in stile soviet si mischiano ad altri in stile zarista e ad altri ancora che mostrano il tipico stile georgiano che a tratti ricorda l’architettura che si incontra nei paesini della Crimea (facciate in muratura, con balconate esterne in legno sorrette da travi diagonali che partono dalla facciata, o facciate in muratura con balconcini sporgenti totalmente in legno, sovrastati spesso da un pergolato di vite).

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Il fiume Mtkvari.

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Le tipiche case georgiane.

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E ancora…

Un traffico totalmente anarchico, intenso e sregolato, ancor peggiore di quello cui sono abituato a Kiev cattura subito la mia attenzione, qui gli autisti hanno il clacson facile e strombazzano volentieri anche per niente… in giro chioschetti vari, curiosi per me sono quelli che vendono khachapuri e vari tipi di pane, tra cui il tipico lavash, e di pseudo pizzette e dolci.

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Ma anche negozietti strani, espressione di quella che è la tradizione culinaria tipica georgiana, come nel caso di quello che vende churchkela di ogni tipo e colore. La churchkela è un tradizionalissimo e casalingo dolcetto georgiano a forma di salsicciotto che spesso si vede penzolare nelle bancarelle dei bazar. Essa viene fatta infilando con ago e filo delle noci o nocciole che poi vengono immerse in un denso succo d’uva (o di altri frutti) cotto e mischiato a farina e poi essiccato ed appeso. Per il mio palato non è ch sia un gran chè, è troppo gommosa e abbastanza insapore…

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I miei occhi luccicano dal desiderio di poter leggere quelle indecifrabili lettere georgiane che descrivono prodotti nei cartelloni pubblicitari, ma è impossibile. Tanta gente e tanto movimento tutt’intorno, facce caucasiche, scure con nasi pronunciati e capelli neri. Gente vestita in modo molto semplice, spesso si vedono uomini in ciabatte e canottiera. Fa caldo, ma è un caldo secco, si sta proprio bene, se non fosse per quel leggero venticello che non fa altro che sollevare la polvere dalle strade e dai marciapiedi e tirartela negli occhi… come Kiev e un pò tutte le città ex-sovietiche, Tbilisi è parecchio polverosa.

La città si sveglia incredibilmente di sera, al calar del sole, meno traffico di automobili ma più concentrato nel centro, e più brulichio umano; ed è più bella e stimolante di notte con tutte le sue luci e l’illuminazione mirata che esalta le attrazioni cittadine relegando però nella più totale oscurità il resto della città con i suoi quartieri dormitorio. Basta infatti uscire dal centro e non si vede più anima viva in giro. E così risplendono la fortezza Narikala, con la moderna cabinovia che conduce fino alla vetta della collina e che funziona fino alle 23.00, il nuovissimo ponte della Pace, interamente in vetro (costruito dagli Italiani), che se a mio parere stona totalmente di giorno con l’aspetto diroccato e vecchio del centro città, ritrova un suo senso d’essere di notte; e poi l’imponente monumento a Vahtang Gorgasali, il mitico eroe dei Georgiani, fondatore di Tbilisi intorno al 500 d.C., e accanto la bellissima chiesetta Metekhi; e poi le facciate illuminate di certi palazzi nel prospekt Rustaveli, la colonna della piazza Tavisupleba (della Libertà) fino alle luci dei locali delle centralissime e pedonale Lesilidze e viettine adiacenti.

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La chiesetta Metekhi e Vahtang Korgasali a cavallo...

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La fortezza Narikala illuminata (sullo sfondo).

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Il ponte della Pace sullo sfondo.

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...e la foto di rito sul ponte della Pace.

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Il Parlamento sul prospekt Rustaveli.

Di cose da vedere a Tbilisi forse non ce ne sono moltissime, ma la città è indubbiamente magica e da vivere in tutta la sua pienezza. Perdersi tra i vicoli del centro, tra i cortili diroccati delle vecchie case dove bambinetti giocano felici a pallone e dove da una finestra all’altra penzola biancheria appesa al filo – che forse ricorda un po’ qualche italica città meridionale. Passeggiare nell’elegante e centrale Prospekt Rustaveli, dalla piazza della Rivoluzione delle rose con la sua bella fontana fino alla piazza della Libertà, oppure lasciare il Rustaveli ed inerpicarsi per le ripide stradine che portano alle pendici del monte Mtatsminda, anche questo dal nome complicato, sul quale si può salire con la funicolare: da qui si apre un estesissimo polmone verde che sovrasta la città, un parco giochi ricco di attrazioni dove in certi punti si può godere di una vista mozzafiato sul paesaggio circostante.

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...magica l'atmosfera di queste stradine che si inerpicano verso le pendici del monte Mtatsminda...

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Tbilisi dall’alto.

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Qui si può notare l'imponente nuova cattedrale della Santissima Trinità con la sua enorme cupola rivestita d'oro.

Qualche ora della giornata può essere dedicata ai bagni nelle mitiche terme di Tbilisi e al post-relax. Già l’edificio tutto in mattoni è molto particolare ed ha un chè di arabeggiante, con delle cupole che emergono dal terreno sotto le quali si trovano le vasche. Ed il bello è proprio là sotto: acqua sulfurea, struttura e servizi interni in stile mix “soviet-mediorientale” sono il condimento giusto a questa esperienza… io, dato che sono con moglie al seguito, opto per la vasca “privè” con aggiunta extra del servizio di massaggio durante la seduta (per i single secondo me vale la pena di provare l’emozione delle vasche comuni).

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Restare a mollo nella vaschetta con l’acqua leggermente maleodorante dall’olezzo di uovo marcio ad una temperatura di oltre 35 gradi è in fondo piacevole… ad un certo punto, dopo aver bussato fragorosamente, un omaccione con una panza enorme turgida e rotonda entra nella stanza con in mano uno straccio ruvido e non certo nuovo… chissà quante schiene avrà grattato! Dopo avermi invitato rudemente a sdraiarmi a pancia in giù, inizia a passarmi lo straccio bagnato sul corpo calcando vigorosamente… La procedura viene ripetuta poi per le singole parti del corpo ma nel complesso non dura neanche dieci minuti, il che mi delude, proprio dopo che mi stava piacendo… e mi fa pensare ad una fregatura, poiché comunque non è un servizietto proprio economico, ma che ci si può fare! Resta comunque una sensazione assolutamente da provare!
Si esce dopo un’oretta di bagni sulfurei rigeneranti e ti vien voglia di bere qualcosa di fresco, e allora da lì si arriva subito alla piazzetta vicina, da dove poi inzia la zona pedolnale, qui un locale vale l’altro. Questo è il Paese dove quando si ha sete, non si usa la parola “acqua”, ma si chiede: “mi dia una Borjomi o una Nabeghlavi” (l’acqua georgiana amarognola dal vago retrogusto salmastro unica nel suo genere conosciuta ed amata da decenni in tutto il territorio ex-sovietico), o si può ordinare l’ottima birra Zedazeni o la Natakhtari, oppure le classiche “limonad” che qui vanno molto di moda (a me piace il tarkhun – quella di colore verde per intenderci, dissetante e non troppo dolce, prodotta con l’estratto di quella pianta), e che sono nient’altro che alternative molto più valide e gustose della Coca-cola o della Fanta.

Dopo essersi dissetati si può poi proseguire sulla riva sinistra del Mtkvari e, una volta oltrepassato il ponte Metekhi, arrivare alla statua di Vahtang Gorgasali e visitare la chiesetta Metekhi che ci sta dietro, e poi alla curatissima piazza Europa e da qui risalire in questa parte pure antica della città, tra palazzi restaurati e bellissimi, fino ad Avlabari – un grande spiazzo caotico dove c’è pure la stazione della metro, da dove poi si può camminare fino alla chiesa più grande di Georgia, la cattedrale della Santissima Trinità. Tanto imponente, quanto moderna (finita di costruire nel 2004) pur nel suo rispetto dello stile classico georgiano, e trasudante di ricchezza come mostra l’enorme cupola rivestita d’oro e la croce che la sovrasta di oltre 7 metri tutta d’oro; ma ai miei occhi vuota di quella religiosità tipica delle chiesette più intime ed antiche, essa è la terza cattedrale ortodossa più alta del mondo.

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Il ponte Metekhi.

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Il monumento a Vahtang Gorgasali, fondatore di Tbilisi.

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Piazza Europa.

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La via Metekhi che porta alla piazza Avlabari.

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La cattedrale della Santissima Trinità.

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Non è male neppure passeggiare sul lungofiume nella nuova area urbana (non ancora del tutto finita) tra aiuole e sentierini, anche se per il mio modo di vedere le cose, quegli obrobri metallici a forma di tubi sono un pugno in occhio; ma forse chi li ha voluti e fatti realizzare, ha cercato di ottenere un forte contrasto architettonico, e ci è riuscito benissimo! È una sorta di struttura per concerti e manifestazioni teatrali. E da qui è d’obbligo avvicinarsi al ponte della Pace, attraversarlo e …farci pure la foto di rito…

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Il ponte della Pace in centro; sulla destra la struttura tubolare per i concerti e gli spettacoli e, dietro di essa, si intravvede il nuovo palazzo presidenziale.

Proprio all’interno di questa nuova area urbana appena descritta e non lontano dal ponte di vetro c’è la stazione della ultramoderna cabinovia che ti porta su fino ai resti della fortezza Narikala. Vale la pena di prenderla. In pochi minuti si è di nuovo sopra la città (dopo essere stati sul monte Mtatsminda): da qui si arriva a piedi fino alla “Madre Patria Georgia”, che ricorda vagamente la “Rodina Mat’” di Kiev, ma è molto più piccola e bassa e la simbologia è legata più alla tradizione georgiana che all’esaltazione sovietica.

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Qui a Tbilisi la Rodina Mat’ tiene la spada da una padre e la coppa di vino dall’altra, simboli di ostilità nel primo caso e di ospitalità nell’altro, a seconda delle intenzioni bellicose o pacifiche degli stranieri che giungono in terra georgiana; mentre a Kiev l’imponente Madre Patria con spada e scudo con tanto di raffigurazione di falce e martello è opera tipicamente propagandistica sovietica e commemorativa della Grande Guerra Patriottica contro il Nazismo. Ridiscendere verso la città, da Narikala, si può farlo a piedi in modo da poter toccare con mano ciò che resta della fortezza.

Tbilisi ha pure due linee di metropolitana. Sono curioso di prenderla, almeno per un paio di fermate. Sotto terra Tbilisi ricorda un po’ Kiev, un po’ Mosca, si respira la stessa aria e ogni tanto tirano di quelle folate di vento… Netto è il marchio sovietico della struttura, evidente sia nelle stazioni, col loro stile pomposo e monumentale ricco di granito rosso e di marmo, sia nei vagoni.

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Una stazione della metro di Tbilisi.

Non avevo che un sottilissimo filo conduttore che mi univa a quei ragazzi di Tbilisi, a Merab, a Zvjadi, a Georghij, concreti montanari appassionati del loro Caucaso coi quali nel lontano agosto 2003, insieme a Mr.G. avevo realizzato una epica avventura sulle montagne nell’Ossezia del Sud (ora sotto controllo russo), un trekking ad alta quota alla volta del lago Helis Tba. Solo l’indirizzo e-mail di Merab nel cui profilo fortunatamente lui aveva inserito un numero di cellulare. Dopo diversi tentativi andati a vuoto di contattare quel numero dall’Ucraina – probabilmente sbagliavo qualcosa nella numerazione, proprio prima della partenza in virtù di un lampo di genio, sono riuscito in qualche modo a fare breccia e a parlare con lui, avvisandolo del mio di li a breve ritorno a Tbilisi. Non avevo notato una grande emozione da parte sua, forse non aveva realizzato bene chi ero e che erano dieci anni che le nostre voci non si sentivano… io invece ero trasudante di emozione e già volevo abbracciare lui e quegli altri ragazzi.

È bastato poco. Subito la sera stessa del mio arrivo a Tbilisi eccoci tutti insieme – dopo 10 anni! – seduti intorno a un tavolo in un tipico ristorantino georgiano non lontano dal prospekt Rustaveli, dal nome tutto georgiano “Pasanauri”. Roba da non crederci, chi l’avrebbe mai detto! Non esagero certo in sentimentalismo quando dico che gli occhi ci luccicavano nel rivivere le avventure di dieci anni prima e nel ricordare le conoscenze comuni che durante quel mese del 2003 avevano riempito le nostre giornate georgiane, mentre il tavolo si riempie delle abbondanti portate dei tipici piatti georgiani ordinati dai ragazzi. Chiunque intorno e così la moglie stessa, non poteva non cogliere l’emozione e il calore che si stava respirando in questi attimi. Ed io mi ero preparato a questo storico incontro non venendo a mani vuote, ma portando in dono due dvd contenenti il video di quelle avventure di dieci anni prima e le foto che nessuno di loro aveva ancora mai visto! Non è stato un’operazione semplice trovare a Kiev chi avesse la tecnologia per trasferire il video su dvd, dato che ai tempi con Mr.G. si viaggiava con la videocamera analogica, quella con le cassettine… e loro non finiscono più di ringraziarmi, morendo dalla voglia di vederne i contenuti.

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La prima mangiata in terra di Georgia non smentisce certo le mie aspettative! Io amo mangiare bene in generale! Del resto però non sono certo schizzinoso e non mi tiro indietro ad assaggiare curiosamente piatti tipici quando mi trovo in Paesi e Terre diverse. Anche per questo la Georgia mi era rimasta nel cuore, perché qui si mangia bene davvero: formaggi, in particolare il suluguni (che ha un sapore a metà tra il caciocavallo e la mozzarella), basturmà (specie di prosciutto affumicato, ma di carne di manzo), vino, birra, la mitica acqua Borjomi, parecchi piatti tipici come il khachapuri (la tipica pizza georgiana col formaggio), i kinkhali (i ravioloni di carne), il “banale” shashlik, il harchò (la zuppa con carne e verdure), il lobio (una specie di fagiolata servita nel tipico “garshochek” di terracotta), le melanzane grigliate e le insalate con le noci tritate, il lobiani (una focaccia ripiena con crema di fagioli), ecc. Tutti cibi che davvero soddisfano il palato… Su tutto trionfano certamente i kinkhali: essi hanno la strana forma di una piccola borsa per il ghiaccio e sono fatti di pasta ripiena di carne trita di vitello e maiale o di montone. Come mangiarli non è intuitivo né del tutto semplice all’inizio, ci vuole una certa tecnica: va preso il raviolone, stretto tra le mani ed avvicinato alla bocca; una volta morso ad un’estremità occorre tenere le labbra vicine allo stesso, chiuderle e succhiare il liquido, formatosi all’interno in fase di cottura, per evitare di sbrodolarsi addosso.
Ma anche il mitico khachapuri – la pizza georgiana! – una focaccia ripiena di formaggio che è fuso all’interno. La versione adzhara è curiosa (anche se io personalmente preferisco quello classico): in questo caso la focaccia ha una forma di barchetta e all’interno si trovano un mix di formaggi e l’uovo crudo che va mescolato prima di essere mangiato.

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I kinkhali e dietro resti di khachapuri tradizionale...

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...come si deve mangiare correttamente i kinkhali...

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...il lobio...

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...e il khachapuri adzharskij.

Qui nel locale intanto constato un altro particolare di questa “nuova” Georgia: i camerieri giovani non spiaccicano una parola di russo, anzi è più facile che capiscano l’inglese che il russo. Già i miei amici fanno fatica a parlarlo, poiché non lo usano praticamente più, ma poco alla volta se lo ricordano poiché comunque appartengono alla generazione nata nell’Urss… mentre la nuova gioventù georgiana non sente più nessun legame con la Russia e le istituzioni non favoriscono certo il mantenimento della lingua russa!

E così, tra un “tost” e l’altro pronunciato dal nostro tamadà di turno Georghi, trascorre la serata e già viene delineato il programma della nostra permanenza qui. Ecco il senso dell’ospitalità, che si accompagna alla dedica di tempo all’ospite e che emerge in tutta la sua incisività. Noi, piombati in Georgia senza manco quasi avvisare, per di più in un periodaccio di festività sacre molto importanti (siamo nei giorni precedenti la Pasqua ortodossa) dove tutti sono indaffarati ad organizzare i ritrovi famigliari, ci ritroviamo praticamente inseriti nei loro programmi, quasi fossimo parte della loro famiglia, del loro ambiente. Non abbiamo scelta, siamo loro Ospiti. È incredibile come i georgiani riescano, in modo affabile certo, ma che non ti lascia scampo, a coinvolgerti se vogliono che tu stia con loro. Ma d’altra parte siamo qui in vacanza e così ci lasciamo trascinare nei loro programmi, che hanno l’idea di essere tutt’altro che noiosi…

(continua...)


Gringox


e-antea [ 23 Luglio 2013, 17:54 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Bravo! non ho ancora letto tutto, ma assaporare il "gusto del viaggio", anche se fatto da altri, è sempre una bella e interessante cosa ...


sorrento76 [ 23 Luglio 2013, 18:43 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Fantastico Gringox!!
A dire il vero,in certi aspetti,le feste,l'accoglienza e il coinvolgimento,ritrovo cose delle mie parti
Non per niente meridionali


n4italia [ 23 Luglio 2013, 22:31 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno ritorno: Georgia.
Complimenti per i viaggetti!! Quest'ultimo - tra l'altro - ci ha dato la possibilità di vedere il Gringox a mollo......

Per il tizio che ti ha grattato la schiena invece......., ma prima di intraprendere cose del genere devi chiedere consiglio a SaPa......

P.S: per SaPa: l'hai scritto tu stesso in qualche altro topic, ti prendiamo in giro però ti vogliamo bene......


littlelombards [ 24 Luglio 2013, 13:42 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia 2013.
Ultime due settimane di lavoro, poi un altra settimana a casa e finalmente anche io partirò per le sospirate vacanze, mi sono perso nel tu racconto, per un po' la città intorno a me è sparita l'fficio semibuio in pausa pranzo è diventato la cabina dell'aereo, la hall dell'aeroporto, il ristorante georgiano, le terme. Aspetto con ansia il resto!


icipo76 [ 24 Luglio 2013, 14:40 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
bel racconto
bravo

il kachapuri mi ispira invece quel kinkali non tanto


icaruzzo [ 24 Luglio 2013, 15:19 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Bello il viaggetto, con questo tour mi fai venire voglia di andare in Georgia anche a me, heheheh.
Che buono il Khapachury, quando vengo a Kiev lo mangio a volte.
Ero stato ad un ristorantino in L'viv dove ho bevuto un vino Georgiano rosso niente male


geom_calboni [ 24 Luglio 2013, 15:43 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Peccato per lo scempio del nuovo ponte sul Mtkvari...


gringox [ 25 Luglio 2013, 12:18 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Mtsketa e monastero di Jvari.


La prima escursione stabilita a tavolino la sera precedente dai cari Zvjadi e Georghi prevede la visita alla “Gerusalemme” di Georgia, l’antica capitale, la città di Mtsketa, anch’essa dal nome impronunciabile come molte delle parole georgiane, che giace sulla confluenza dei fiumi Mtkvari e Aragvi. Il buon Merab è con noi, si è preso le ferie dal lavoro e ci scarrozza su e giù, dedicandoci tutta la giornata. Non ci vuole molto da Tbilisi ad arrivare, in una mezz’oretta al massimo di macchina siamo lì.

Il paesino è piccolo, tranquillo e piacevole. Si nota la presenza di turisti, parecchie macchine con targa russa e qualche ucraino. Ma questi georgiani non dovevano odiare i russi dopo quello che è successo nel 2008? Beh, come il buon Merab mi dice con tutta franchezza, lui non ha assolutamente niente contro il popolo russo, e così la maggior parte dei Georgiani; il problema come al solito – tutto il mondo è paese! – è la politica, è il governo russo che viene visto male (come del resto non pare così amato dagli stessi Georgiani neppure il presidente Saakashivili). E mi pare di capire che per i Russi vale lo stesso discorso: qui è pieno di turisti provenienti dalla Russia e se vengono in Georgia nonostante tutto un motivo ci deve pure essere.

Ma è indubbio che in ambito turistico la Georgia abbia fatto un salto di qualità nell’ultimo decennio – l’ho notato già a Tbilisi – e questo credo grazie alla politica di Saakashvili. Dieci anni fa, quando ho girato il Paese in lungo e in largo, era ancora praticamente tutto da rifare… L’aspetto che più colpisce il visitatore che passeggia per questo paesino è infatti proprio la cura nei dettagli e l’organizzazione per agevolare il turista straniero. Certo paradossalmente c’è più informazione in lingua inglese che in russo, nonostante di “stranieri” non russi non se ne vedano molti; ma come detto tale impostazione è fondata più su un’ottusità politica che sulla validità pratica. Cartelli precisi in doppia lingua (georgiano e inglese) con le indicazioni dei luoghi e delle attrazioni, negozietti seri per i souvenir (e non bancarelle irregolari come per esempio in Ucraina), personale di guardia ordinato ed attento, cestini ovunque, strade pedonali delimitate e ben piastrellate… ma sopra ogni altra cosa l’ottimo stato di conservazione dei monumenti, almeno di quelli ritenuti di interesse turistico di massa, in cui si notano la precisione e la qualità nel restauro. Dico probabilmente delle banalità per chi, Italiano o Europeo, è abituato a ciò. Ma io vengo dall’Ucraina e sono ahimè abituato a vedere quei pochi monumenti di interesse turistico in condizioni abbastanza pietose – con l’eccezione di Leopoli e di certe attrazioni di Kiev e dell’ovest Ucraina.

A Mtsketa vale la pena visitare il monastero di Samtavro con la chiesa della Trasfigurazione che risale al XII sec. d.C., e soffermarsi invece più accuratamente nella cattedrale di Svetitskoveli, dell’XI sec. d.C. (patrimonio dell’UNESCO). Questo monumento non mi lascia indifferente, è bello fuori e dentro e si percepisce davvero la sacralità del luogo che sta tutta nella semplicità e nel suo essere vivo e vissuto con quegli affreschi e quella iconostasi di una naturalezza unici; tra l’altro si dice che qui dentro sia sepolta la tunica di Gesù.

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La chiesa della Trasfigurazione.

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La cattedrale di Svetitskoveli.

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L'interno della cattedrale.

Visitando queste chiese vive e coinvolgenti, pian piano si inizia a comprendere quanto per i Georgiani sia centrale l’aspetto sacro della vita. Esso è il filo che tiene uniti tutti gli altri valori ritenuti fondamentali da questo popolo: la famiglia, l’ospite, il legame col territorio e le montagne. E questo lo trovo bello. Come tutte le cose però questa medaglia ha due facce: se da una parte ciò è garanzia di conservazione delle tradizioni che si tramandano di generazione in generazione per i secoli e quindi di preservazione del popolo, dall’altra una società di questo genere è meno portata allo sviluppo e all’evoluzione e resta dunque più arcaica – e lo si vede nella rigidità e asprezza di certi usi e costumi.

Sacralità dell’esistenza che si respira ancor più nei monasteri inculcati nei cucuzzoli delle montagne, che ci si chiede come abbiano fatto a costruirli su cime e su dirupi così vertiginosi in quei secoli antichi (molti risalgono al IV, al V, al X sec. d.C.) e che regalano emozioni uniche già da quando li guardi estasiato dal basso all’alto con la testa all’insù. E viceversa, quando sei in alto ti si apre sempre una vista mozzafiato sul paesaggio sottostante che ti lascia a bocca aperta… tutti piccoli, raccolti, a tratti diroccati e quindi più “veri”, fatti di pietra che quando la tocchi ti vengono i brividi e ti viene da pensare a chi ha posato quei massi e a quanti secoli sono passati; e uguali nel loro stile architettonico bizantino crudo, ma dalle forme regolari e piacevoli. Ebbene, uno degli esempi più famosi in Georgia – sebbene sia il più “banale” da visitare, poiché vicinissimo a Tbilisi e Mtsketa – è l’antichissimo monastero di Jvari (del VI sec. d.C.). È d’obbligo per comodità logistica unire la visita a questo posto con l’escursione a Mtsketa.

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Il monastero di Jvari visto dal basso...

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...e da vicino...

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La spettacolare vista su Mtsketa dal monastero di Jvari.

(continua...)


Gringox


gringox [ 25 Luglio 2013, 15:51 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Sighnaghi.


Dopo quasi due ore di marshrutka mozzafiato – era da tempo che non me la facevo sotto in macchina, ma l’autista forse pensava di essere un pilota di formula 1 – e dopo l’ultimo tratto di piccole serpentine – giungiamo a Sighnaghi, paesino nella regione dei Kakheti (rinomata per il vino, in particolare la valle Telavi), a circa 140 km. da Tbilisi. Perché siamo arrivati qui? Ovviamente è parte del piano studiato a tavolino la prima sera e deciso dai cari Georghi e Zvjadi. Hanno ritenuto, in base a considerazioni sulla fattibilità dell’escursione (durata di un giorno, distanza da Tbilisi, interesse turistico), che fosse una meta degna di essere visitata. Ma questa volta non c’è Merab con noi, abbiamo un giorno di libertà…

La primissima impressione, iniziando a muoverci verso il centro, è quella di trovarsi in un qualche paesino medievale dell’Italia adagiato su terrazze naturali che lo rendono ondulato e che gli assegnano una particolare posizione di dominio visivo sulla pianura sottostante e sulle montagne poco più in là. E proprio per questa posizione strategica venne costruita nel XVIII sec. la fortezza (con la città al suo interno), i cui resti sono ancora visibili, per difendere l’area dagli attacchi dei Persiani. Azzardare nel fare un paragone con l’Italia è forse esagerato, ma passeggiare lungo quelle stradine in ciottolato, vedere quelle casette curate, con le facciate in pietra e mattoni e coi tettucci così regolari e precisi tanto che sembra che quelle tegole rosse siano state appena posate; passare sotto l’arco della torre pure quella in pietra ed entrare nella parte vecchia del paese dove si snodano viuzze piccole e si apre una vista spettacolare sulla vicina catena del Caucaso con le vette ancora innevate, oltre le quali c’è l’Azerbaijan, risulta particolarmente piacevole. Pur riconoscendo che si tratta di un semplice paesello di collina e nulla più.

E qui si conferma l’impressione che ho avuto visitando Mtsketa, e cioè che la gestione Saakashvili abbia dato davvero un particolare impulso al turismo, migliorando le infrastrutture delle località turistiche e ristrutturando intelligentemente ciò che occorreva rendere presentabile e bello all’occhio del turista straniero, senza però deturpare l’aspetto storico.

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Per le vie di Sighnaghi...

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La bella vista del centro di Sighnaghi e sullo sfondo le cime innevate del Caucaso...

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Una caratteristica via del centro.

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Un vecchio pulmino per scarrozzare i turisti per il paesino.

Rientriamo a casa, a Tbilisi, prima del previsto. Ma il caldo è veramente allucinante… in fondo abbiamo girato per il paesino in lungo e in largo e possiamo ritenerci più che soddisfatti.


(continua...)


Gringox


n4italia [ 25 Luglio 2013, 20:58 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
.....vai col seguito, Gringox......!!


gringox [ 22 Agosto 2013, 10:39 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Pasqua sul Caucaso.


Tutto è pronto per l’ultimo giorno in terra georgiana, il giorno forse più importante e quello che sulla carta dovrebbe essere il più denso di emozioni… oggi è domenica 5 maggio 2013, giorno di Pasqua (ortodossa) – la principale festività sacra dell’anno qui in Georgia, come in tutto il mondo slavo ortodosso. Zvjadi e Georghi hanno calcolato con estrema precisione e in dettaglio la nostra permanenza, in modo da inserirci dentro questa giornata con loro. Loro sono già su in montagna da un paio di giorni per i preparativi.

Merab di primissima mattina ci raccatta in hotel e ci porta alla stazione delle marshrutke. Qui – con precisione svizzera sorprendente, c’è già la nostra marshrutka coi nostri posti già prenotati. Destinazione: Sioni, Kazbeghi. Si va sul Caucaso! Appena seduti non resisto dalla curiosità di guardare sulla cartina dove siamo diretti: vedo la scritta di quel paesino in mezzo alle curve di livello colorate di marrone scuro e a tratti di bianco… e già inizio ad eccitarmi; si va verso le montagne!

La marshrutka si muove tranquilla (non come quella pazza che ci aveva portati a Sighnaghi); è piena di gente con pacchi, pacchetti e pacchettini, uova colorate, panettoncini pasquali; già qui si respira aria di festa e si percepisce che oggi ci saranno un po’ per tutti grandi abbuffate in famiglia. La strada inizia a salire pian piano già dopo Ananuri (poco più di un’ora da Tbilisi), cominciano le prime serpentine, e sempre di più iniziano a vedersi sui lati le prime cime.

Improvvisamente la marshrutka rallenta, sembra impantanarsi in una specie di groviglio biancastro che si muove in mezzo alla strada, guardo fuori e non riesco a trattenere il sorriso… un gregge di montoni sta beatamente camminando in mezzo alla strada. Che bella immagine, in un attimo vengo assalito da una forte emozione… Non so perché, ma pur essendo avvezzo a situazioni del genere anche in Ucraina (dove però non sono i montoni, bensì le vacche a barcollare placide in mezzo alle strade – soprattutto in Zakarpattja – e a bloccare il traffico per lunghi minuti), questa immagine risveglia in me sempre la dimensione del “viaggio”, emozionandomi… sarà forse perché quel chè di bucolico appare completamente fuori dalla realtà di un mondo che corre dietro allo sviluppo tecnologico e alla globalizzazione…

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Man mano che si procede la vegetazione si fa più rada, le rocce iniziano a dominare il paesaggio e ogni tanto occorre deglutire la saliva per sbloccare le orecchie, segno che stiamo salendo di quota. Il paesaggio intorno non lascia respiro, in certi punti le curve sono talmente a gomito e strette che la marshrutka appare in difficoltа a superarle; ciò mi ricorda un po’ le strade delle “mie” Dolomiti, il passo Pordoi, il Passo Sella o il Gardena. Certo queste montagne non hanno niente a che vedere con la magnificenza ed unicità delle Dolomiti, qui sembrano più Alpi vere e proprie, la roccia è color antracite, si vedono tanti ghiacciai; sono altresì lontane anni luce pure dai ben noti a me Carpazi dove non esiste roccia ma solo infiniti boschi di conifere.

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Verso il passo…

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In breve si arriva a Gudauri – siamo già in alto – discreta località sciistica che dicono abbia avuto un buono sviluppo in questi ultimi anni. Si vede ancora tanta neve più in alto; se la stagione sciistica è già finita, lo è sicuramente da poco. Da Gudauri al Passo Jvari la strada diventa impegnativa. Non è più asfaltata, ma diventa sterrata dove ghiaietta e sassi si alternano a lastroni di cemento, e la marshrutka rallenta l’andatura. In prossimità del passo Jvari (2370 m.) si apre un vero e proprio paesaggio lunare: rocce, massi, muschio e, a destra e sinistra per tutto l’altopiano, grandi sprazzi di neve e ghiaccio, che riverberano la luce di un sole di maggio già caldo e potente, e ti costringono a socchiudere gli occhi. Spettacolare!

Sorprende la mia attenzione il gran traffico di camion e tir che arrancano lenti in entrambe le direzioni; e qui mi diverto a vedere le targhe – sempre stato un mio passatempo del viaggiare in macchina sin da bambino – ce n’è di tutti i Paesi: RUS, GEO, AM, IR, AZ, PL, TR, UA… addirittura gli Iraniani: era parecchio tempo che non vedevo targhe iraniane! E la mia mente pensa all’intreccio di confini e di razze in questo angolo di mondo.

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Sul passo Jvari (2370 m.).

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Dal passo al villaggio di Sioni – la nostra meta – non c’è molta strada. Se si continuasse in questa direzione, oltrepassato Kazbeghi, si arriverebbe al confine con la Russia, oltre il quale si giungerebbe alla città di Vladikavkaz, capitale dell’Ossezia del Nord.

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Al di là del passo Jvari.

Al cartello “Sioni” scendiamo dalla marshrutka. Georghi e Zvjadi sono già qui ad aspettarci con la macchina. Sta per iniziare la festa della Pasqua che trascorreremo con loro nella loro terra natia. Siamo a circa 1700 m. di altezza sul livello del mare; Sioni è un tipico villaggetto georgiano di montagna tranquillo e semplice. Casette quadrate di pietra, per lo più ad un piano con grandi finestre in legno sulle quali all’esterno spesso sono ancorate antenne paraboliche, e tetti di lamiera o di tegoline rosse; le stradine principali sono asfaltate, quelle interne no. All’interno di molti recinti di pietra pascolano mucche o montoni, mentre le gallinelle scorrazzano un po’ ovunque.

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Il paese di Sioni.

Il tempo trascorre all’inizio in modo apparentemente confuso ed ingarbugliato. Facciamo diverse soste nelle case di parenti o conoscenti delle famiglie di Zvjadi e Georghi. Ovunque i preparativi per la festa di Pasqua sono intensi e frenetici; qualcuno, in qualche casa, già ha cominciato a festeggiare e si vedono all’interno dei cortili tavole apparecchiate e gente in piedi tutt’intorno con i calici di vino in mano e pietanze varie sul tavolo. Si sente qualcuno brindare con voce stentorea e il brusio di risposta degli altri partecipanti al convivio. Ovunque, nelle case dove entriamo, veniamo omaggiati con qualche dono mangereccio o “bevereccio”.

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La signora prepara con delicatezza i kinkhali.

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Nella tradizione dei Davidishvili (questo è il cognome di Zvjadi – “shvili” in georgiano è il suffisso che indica “figlio di…”; dunque in questo caso “figlio di David”), ogni anno un membro della famiglia si occupa della preparazione della birra per la festa pasquale da offrire in dono a tutto il parentado, e quest’anno è proprio il suo turno. Curiosa questa usanza: non vino, come ci si aspetterebbe in Georgia, bensì birra. Ma come poi mi spiega lo stesso Zvjadi la birra è per certi versi una bevanda tradizionale di queste montagne dove si continua a coltivare il luppolo. E in effetti, dopo averla provata, devo riconoscerne la fragranza e l’aroma.

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La cisterna dove viene conservata la birra.

Dopo un primo “aperitivo” pasquale facciamo una breve escursione alla piccola chiesetta di Sioni (dell’VIII sec. d.C.), sul cucuzzolo della montagna, che sovrasta e domina il villaggio. Il prete non ci fa avvicinare perché a quanto riusciamo a percepire non abbiamo l’abbigliamento adatto… da qui il panorama è bellissimo.

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Abbiamo abbondantemente superato mezzogiorno e i primi crampetti allo stomaco per la fame si fanno sentire, dopo le degustazioni di vino e birra, ma a quanto pare non è ancora ora di mettere le gambe sotto il tavolo. Dopo la chiesetta i ragazzi decidono di scarrozzarci al paese di Kazbeghi (pochi chilometri dopo Sioni) che si trova alle pendici della montagna più alta di Georgia, il monte Kazbeghi, affinchè possiamo godere della meravigliosa vista del monte Kazbeghi e – questo vele per me – sobillare in me il desiderio di tornare da queste parti in un prossimo futuro per mettermi in marcia con loro verso la vetta di quella montagna... Davvero spettacolare! E come tutte le vette così alte e così vicine a Dio, anche quella del Kazbeghi è spesso avvolta nelle nuvole… Vedo gli occhi di Georghi luccicare mentre parla della “sua” montagna e percepisco il grande rispetto e la profonda ammirazione di questa gente verso questi giganti della natura.

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Il monte Kazbeghi, la cima avvolta nella nuvole (m. 5047).

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La montagna che sta di fronte al Kazbeghi.

Quando ormai lo stomaco sembra rassegnato a saziarsi solo aria di montagna e di emozioni, giunge l’atteso momento del banchetto pasquale. Rientrati da Kazbeghi giungiamo a casa di Zvjadi. Egli ci fa accomodare nella grande sala della casa della sua famiglia, dove la tavola è già imbandita alla grande e poco alla volta si siedono tutti gli ospiti: gli uomini da una parte e le donne dall’altra, rigorosamente separati. Unica eccezione è la mia mogliettina alla quale, in quanto ospite, è concesso di sedere a fianco a me insieme agli uomini. Inizia dunque ufficialmente la festa della Pasqua e la relativa grande mangiata pasquale! In queste occasioni emerge dirompente il senso della famiglia anche nella sua più primitiva accezione, fatta di gesti e simbologia che trovano origine nella notte dei tempi. I “tost” che vengono pronunciati dal tamadà – in questa occasione proprio il caro Zvjadi – riecheggiano veementi e riempiono la sala e i partecipanti di un’aura mistica. Sarà il tono di voce deciso, sarà la lingua, incomprensibile a me, ma dal suono fortemente gutturale, sta di fatto che questi brindisi a tratti mi fanno venire i brividi. Si brinda alla famiglia, ai parenti, ai morti, alle nuove generazioni appena nate, a quelle che devono ancora nascere, all’amicizia, all’ospitalità… un “tost” viene dedicato a noi. In quel momento sento un groviglio di occhi che mi puntano e mi squadrano: penso – per fortuna siamo in casa di amici, altrimenti chissà che fine avrei potuto fare… dopo aver ingurgitato diversi bicchieri di birra (dopo il brindisi il bicchiere va bevuto tutto alla goccia, non come la buona tradizione italica che vede nel sorseggiamento il godimento del bere vino), sento la responsabilità di dover dire la mia a questa famiglia che ha dato a noi questa meravigliosa ed indimenticabile opportunità. Mi alzo e senza troppo pensare esprimo con voce stentorea e pastosa il mio pensiero di ringraziamento davanti a tutti non nascondendo un velo d’emozione.
Tra una portata e l’altra Zvijadi, seduto di fronte a me, e dopo ogni bevuta sempre più brillo, mi chiede come procede e come mi sento, e se nessuno mi stia mancando di rispetto. Questa del rispetto per l’ospite è proprio un’ossessione, per di più appesantita dall’effetto dell’alcol che la rende ancor più oppressiva. Chi mai potrebbe mancarmi di rispetto in un’occasione del genere?

In generale è bello vedere questo quadro di famiglia allargata. Ognuno di questi personaggi vive la propria vita, lontani uno dall’altro, in diverse città, da soli o insieme alle proprie famiglie; fanno i lavori più diversi e conducono chissà che vite… ma una volta all’anno si impegnano a tornare qui, su questi monti, per presenziare alla festa della Pasqua e quindi intorno a queste tavole raccontarsi aneddoti, storie ed evoluzioni delle proprie vite. Ci sono i vecchi, i padri di famiglia, ci sono i giovani, i nipoti, i piccolini, i pronipoti e via così e tutti Davidishvili.

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La tavola imbandita: si notano gli antipasti vari (melanzane farcite, oliv’jè, trota, involtini di pane con formaggio, uova colorate, verdurine miste, lavash, ecc…)

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Zvijadi si appresta a pronunciare un “tost”.

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Una delle portate calde…

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Purtroppo non possiamo permetterci di proseguire nei festeggiamenti fino a sera, fino a notte e fino a domani, lunedì dell’Angelo. La tradizione prevede che l’abbuffata vada avanti prima con i kinkhali (mi dice Zvjadi che ne hanno preparati addirittura 500!) e il giorno dopo con la carne di maiale e quintalate di shashlyk… tra una mangiata e bevuta e l’altra mi pare di capire che i festeggiamenti pasquali vanno ben oltre la domenica e il lunedì dell’Angelo! Peccato davvero, ma dobbiamo rientrare a Tbilisi; domani la marshrutka per Kutaisi e il volo di ritorno a Kiev.

Zvijadi ci accompagna con un suo cugino alla fermata della marshrutka, sulla strada statale, o meglio è il cugino che si mette al volante poiché Zvjadi è già parecchio alticcio. Il cugino non ha bevuto. Ma non perché sia astemio, ma per controllare che il tamadà non manchi di rispetto agli ospiti nei suoi discorsi e nei suoi gesti man mano che sale il livello dell’alcol in corpo e che quindi la testa è più soggetta a pensieri ed azioni non consone e potenzialmente offensive nei confronti dell’ospite o degli altri famigliari. Cosa questa che comporterebbe un grande disonore e sarebbe fonte di vergogna davanti a tutto il parentado.
Arriva anche Georghi, che era a banchettare con la sua famiglia in un’altra casa.

All’arrivo della marshrutka un lungo, forte e sincero abbraccio è l’ultimo saluto a questi ragazzi, a questi amici ritrovati, grazie ai quali in questi pochi giorni ho potuto meglio comprendere e vivere questo davvero unico Paese. Ci lasciamo con la consapevolezza che questa volta non ci dimenticheremo più così a lungo gli uni degli altri, e con la promessa di rivedersi al più presto. In fondo adesso la Georgia è più vicina…


Gringox


sovietboy [ 22 Agosto 2013, 11:54 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
bellissimo gringo... vedendo le foto e leggendoti anche io ho provato un po' le emozioni... mi sarebbe piaciuto assistere al pranzo pasquale!! E' vero... i greggi di animali e le stradine rurali fanno sempre tornare alla mente il tempo passato...


n4italia [ 22 Agosto 2013, 13:34 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Un altro racconto di quelli che "si bevono" tutti d'un fiato....., sembra di esserci, di vedere il mare di montoni che ha circondato la marshrutka, di percepire gli odorie i profumi.....

E non riesce difficile percepire lo spirito di sacrificio di Gringox...ogni volta che veniva omaggiato con qualche dono mangereccio o bevereccio , così come si può immaginare la sua profonda e angosciante pena per quella cisterna piena di birra che aspettava qualcuno che la svuotasse.........


E, tornando seri, penso che le persone che ha incontrato siano di quelle "autentiche", quelle che fa sempre piacere conoscere e che si avrebbe sempre voglia di rivedere!


sorrento76 [ 22 Agosto 2013, 14:30 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Gran bel resoconto generale!!
E poi,per un appassionato di Overland(tra l'altro passato di li nell'ultima serie),pare di rivivere quelle immagini!


littlelombards [ 27 Agosto 2013, 14:17 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Questo paese mi stuzzica già da un bel po', il mio mico Lado non fa che parlarmene e così tutta la sua famiglia che è originaria di Tbilisi, poi arrivi tu con il tuo bel racconto e la mia voglia di partire dinuovo sale alle stelle, ma haimè sono appena tornato e se ne parlerà forse l'anno prossimo, fino ad allora non mi rimane che approfondire l'argomento Georgia sulla carta/monitor e sognare i paesaggi, la gente, i profumi... della cucina!!!
Grazie per aver condiviso la tua esperienza Gringox!!!


geom_calboni [ 31 Agosto 2013, 15:53 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Ma questi georgiani non dovevano odiare i russi dopo quello che è successo nel 2008? Beh, come il buon Merab mi dice con tutta franchezza, lui non ha assolutamente niente contro il popolo russo, e così la maggior parte dei Georgiani; il problema come al solito – tutto il mondo è paese! – è la politica, è il governo russo che viene visto male (come del resto non pare così amato dagli stessi Georgiani neppure il presidente Saakashivili). E mi pare di capire che per i Russi vale lo stesso discorso: qui è pieno di turisti provenienti dalla Russia e se vengono in Georgia nonostante tutto un motivo ci deve pure essere.

E' la stessa cosa che ci dissero dei georgiani a Tbilisi con cui cercammo di approfondire la questione proprio in quei giorni della "guerra" nel 2008.
Giungemmo un po timorosi anche di spiaccicare quelle poche parole di russo che conoscevamo finchè ci rendemmo conto, per strada e chiacchierando con la gente, che "la guerra era solo politica e non tra i due popoli" (anche se nella zona di Tskhinvali ci scappò qualche morto).


advokat [ 23 Settembre 2013, 19:46 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Ovviamente la voce non poteva che essere ...stentorea e pastosa.


Cheburashka [ 23 Settembre 2013, 21:43 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Bellissimo Report mi hai fatto venire voglia di farci un salto.

Caro Gringox for tra una decina di giorni saro' a Lvov. Mica fai un salto da quelle parti?

Ciao
Chebu


gringox [ 29 Settembre 2013, 15:23 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Cheburashka ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Bellissimo Report mi hai fatto venire voglia di farci un salto.

Caro Gringox for tra una decina di giorni saro' a Lvov. Mica fai un salto da quelle parti?

Ciao
Chebu



Chebu ciao,

...e devo ancora raccontare di Batumi e del secondo viaggetto georgiano di giugno...

Guarda, potrei essere a Lvov a metà ottobre- Al momento sono a Milano.

Ciao,

Gringox


gringox [ 07 Luglio 2016, 13:23 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Batumi.

E dopo la montagna si vola al mare...
http://www.russia-italia.com/vai-a-43-vf34-vt1361.html?start=630
http://www.russia-italia.com/44-vf34-vt1361.html?start=645
...il caso ha voluto che, in questo 2016, due “ponti” fossero ravvicinati, quello della Pentecoste, che ho trascorso con la famiglia sui Carpazi; e questo, del “den’ Konstitutsii” (“giorno della Costituzione”), che, cadendo di martedì 28 giugno, mi permette di avere ben 4 giorni buoni per fare il viaggetto in Georgia.

Spettacolare l’atterraggio che in un lampo di quache secondo mi irradia per intero la compatta e brulicante città di Batumi. Riconosco subito dall’alto posti già noti, e già sento l’emozione per questo ritorno qui, a distanza di due anni. È la prima volta che arrivo direttamente a Batumi; negli anni precedenti, quando si volava con la Wizz Air, si atterrava a Kutaisi e poi in marshrutka si giungeva qui. Adesso che la “Wizz”-ucraina ha fortemente ridotto le destinazioni eliminando la Georgia, la nuova tratta Kiev-Batumi è servita da una compagnia pure nuova, la Yan Air.

Il piccolo aeroporto e la totale assenza di movimentazione favoriscono una veloce uscita. Batumi ci accoglie con un caldo umidissimo, ma in fondo, è quello che desideravo. Al mare deve fare caldo, e soprattutto, per me, l’acqua del mare deve essere calda...

Ci metto poco a realizzare che sono di di nuovo in Georgia. Subito un assalto di taxisti rumorosissimi, beccandosi tra loro per la preda del momento, mi proietta in una dimensione che già conosco. Questa volta sono in compagnia della famigliola al completo. E per Paolino si tratta del suo primo viaggio all’estero che non sia Italia; mentre il più piccolo – il Giorgetto – ce lo eravamo portati dietro in primavera durante un week end a Riga.

Ehh già, anche la Georgia è uno dei posti che negli ultimi anni sento “miei”, e che apprezzo a tal punto che sono riuscito a farlo amare anche alla moglie. È forse uno dei Paesi più affascinanti tra tutti quelli da me visitati. Più volte ho raccontato della sua somiglianza alla cara Italia: le montagne, il mare, i paesaggi e la natura in generale; un forte regionalismo che si riflette nei dialetti e nei cibi e in un certo campanilismo, la tradizione eno-grastronomica, la storia antica, le usanze, l’arte, la Cristianità... ma tutto, rispetto all’Italia, in versione più compatta, considerata la modesta entità del territorio. In tanti anni di visite credo di aver girato e conosciuto parecchio questo Paese. Qui ho amici fraterni, perchè quando hai un amico georgiano... è per la vita! Ed ho un legame simbolico profondo con esso, incarnato nel nome del mio secondogenito, che lo deve proprio a questa terra; qui infatti, mentre ci trovavamo a Tbilisi e, indecisi, parlavamo coi nostri amici georgiani su che nome dare al nascituro, io e la mogliettina abbiamo trovato il consenso proprio su “Giorgio”. Che poi San Giorgio è pure il patrono della Georgia e questo nome è molto popolare e rispettato qui.

Non sono un grande amante del mare. Trascorrere intere giornate su una spiaggia, sotto il sole o sotto un ombrellone non fa per me; sin da piccolo ho sempre amato la montagna perchè essa riempie non solo i miei polmoni di aria pura, ma soprattutto lo spirito di soddisfazioni e di pienezza interiore. Ma il mare è il giusto compenso agli sforzi della montagna, e qualche giorno di svago e ralax, alternato ad altre escursioni, è sempre il benvenuto! A maggior ragione qui dove, da qualche tempo – da quando ho ripreso a viaggiare in Georgia con la moglie, nel 2013 – si trova il “mio” mare. Il mar Nero l’ho visto da varie angolazioni. L’ho toccato nelle sabbiose spiagge della Bulgaria, nella pure sabbiosa e monotona costa di Odessa, fino alla scenografica Crimea. Ma è in questa estremità meridionale (qui in Georgia e nella adiacente costa turca) che apprezzo maggiormente questo mare, proprio perchè oltre al paesaggio e all’ambiente, d’estate qui l’acqua del mare è più calda. In Crimea per esempio, anche in piena estate e con mare liscio come l’olio mi ricordo di giornate in cui l’acqua era gelida per un qualche movimento di correnti sottomarine... e tali correnti sono frequenti...

La bella e selvaggia Crimea – perchè davvero i paesaggi marittimi più belli sul mar Nero li ho visti li, ed in particolare nella zona di Novij Svet – che ricordi...!
(Qui il racconto di qualche avventura di anni fa in quella terra: http://www.russia-italia.com/3-vf34-vt14542.html?start=30)


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Il paesaggio a Novij Svet. Foto dal mio archivio fotografico di un viaggio in Crimea del 2011.


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...e ancora.


L’ho girata in lungo e in largo quella penisola, e là amavo trascorrere “ponti” del genere in passato, ma adesso è per me più lontana e più difficilmente gestibile. Ora infatti, essendo tornata a far parte della Russia, necessito del visto per andarci (e ne avrei 3 di visti da fare: per me e per i due bambini anche loro con passaporto italiano), e poi c’è un confine che è un pò un’incognita (tra controlli, tempi, stress di attese, ecc.); e non ci sono più voli diretti o treni da Kiev. Ecco dunque che la soluzione ideale è quella di Batumi che posso raggiungere comodamente in poco più di due ore di volo. Tra l’altro è un’opzione ancor più stimolante per me perchè posso unire mare, avventure nella natura “zaino in spalla”, “mangiatine” spettacolari, ecc.; il tutto in una cornice colorita e varia che solo un territorio ex-sovietico ti dà. Anche la lingua non è un problema, a Batumi la gran parte della gente – molto più che a Tbilisi, per esempio – parla russo, sebbene con quel divertentissimo accento e cadenza caucasici.

Nell’appartamento, in ul. Akhmeteli, c’è già Manana – la padrona – che ci aspetta. Quest’anno, per comodità, ho preso in affitto un appartamento. La casa è quella in cui lei vive, ma che, per arrotondare le entrate, affitta ai turisti spostandosi lei da un’altra parte. Certo dalle foto su “booking.com” mi ero fatto un pò un’altra idea... l’interno in qualche modo coincide, si tocca con mano che è una casa “vissuta”. L’arredamento è quello tipico degli anni ’80 sovietici, con quello stile inconfondibile ricco di mobilio in legno laccato; essa è spaziosa e luninosa; e noi tutti ci sentiamo subito a nostro agio. L’edificio è una “mnogoetazhka” sovietica col tipico ingresso puzzolente e sporco. E poi la chicca: proprio oggi – giorno del nostro arrivo – hanno chiuso in città l’acqua calda. Anche questo è un aspetto tipico delle città post-sovietiche: d’estate per la manutenzione delle tubature spesso viene toltla l’acqua calda. Qui non c’è il boiler; significa che per questi quattro giorni dovremo arrangiarci con l’acqua fredda o col buon vecchio sistema del riscaldamento (qui c’è la cucina eletrica) dell’acqua nei pentoloni... ma non è un problema! Fuori fa un gran caldo e una doccia fresca dopo il mare non è certo una catastrofe. E il mare è davvero a due passi da qui.

Il centro storico di Batumi è piccolo e delimitato dalle due magistrali principali, la ul. Rustaveli, parallela al mare, e, più in dentro, la ul. Chavchavadze. Tra loro si collegano perpendicolarmente decine di viettine, che ne intersecano altre parallele, pullulanti di negozietti, di piccoli hotel, di localini tipici e di bancarelle varie. Questo è il cuore della città vecchia. Si alternano casette con facciate restaurate, molto belle, alcune in stile zarista, ad altre fatiscenti e diroccate; esse sono una attaccata all’altra, tutte basse, a due-tre piani; certi balconi, molti sei quali in legno, paiono lì lì per crollarti in testa, tanto sono decadenti... curioso poi il “fai da te” georgiano (questo l’avevo notato anche a Tbilisi): dentro i cortili delle case spesso si incontrano costruzioni aggiuntive “selvagge”, poggiate su improvvisate colonne di ferro – sicuramente fuori da ogni piano regolatore – che servono per allargare la propria abitazione. E poi la biancheria appesa da una finestra all’altra dei palazzi, col sistema a carrucola per trascinarla indietro verso la finestra...


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Le fontane in centro (da non confondere con le "famose danzanti") non lontano dal lungomare.


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Il teatro dell'opera.


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Scorcio del centro.


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Scorcio del centro.


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Le fontane in centro di notte.


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Localini all'aperto in centro, in una piazza che si chiama proprio "Piazza".


C’è poi la Batumi nuova! Subito l’occhio mi cade su un altissimo grattacielo, che due anni fa – ricordo – non esisteva ancora... L’hanno costruito proprio vicino alla ruota panoramica e alla torre dell’alfabeto, vicino al porto, ed hanno a mio parere reso meno bello questo “rajon”. Me ne rendo durante la prima gitarella della vacanza – un giretto in motoscafo giusto per respirare un po' di brezza marina.


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Vista di Batumi dal mare.


Non ripeterò questa volta, per mancanza di tempo, la salita con la cabinovia che porta al "belvedere". Ma il ricordo di quella vista me lo porto ancora dentro...


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Foto d'archivio tratta dal mio viaggio a Batumi del 2014. La vista dal "belvedere" sulla città. Come si può vedere, rispetto alla foto sopra, non c'è ancora il nuovo grattacielo, costruito negli ultimi due anni.


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Sempre dal viaggio del 2014.


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...e la vista sul porto.



C’è poi la Batumi sovietica con i tipici “spalnye rajony” (quartieri dormitorio) e ci sono poi decine di palazzoni “mnogoetazhki” (condomini "a tanti piani"), alcuni anche di buon livello qualitativo, che si estendono sul lungomare fuori dal centro in direzione aeroporto: questa sorta di Batumi-2 è realizzata per il business... con 30.000 dollari si può comprare un monolocale... non nascondo di averci fatto un pensierino già da tempo...

La voglia di andare subito a vedere il mare è forte. I pargoli scalpitano, Paolino vuole buttarsi già in acqua ed io pure ho voglia di fare il primo bagno. E così in breve siamo in spiaggia e ci dedichiamo al bagno e a fare una lunga passeggiata sul lungomare. Un aspetto che apprezzo molto in questa parte di mar Nero è la spiaggia ghiaiosa. Non so perchè, ma quando ero piccolo amavo la sabbia (e vedo, quando sono al mare in Italia, che anche ai miei piccoli piace); crescendo, ed ora ancor di più, la sabbia non la sopporto più e preferisco i sassi, che mi evitano il fastidio, uscendo dall’acqua, di sentirmi i piedi sporchi. La spiaggia non è larghissima, e poi, nonostante sia già iniziata la stagione balneare, non c’è tanto movimento – e questo l’avevo notato anche le altre volte in passato. C’è un certo turismo locale, georgiani e armeni; dalla parlata si sentono poi molti russi e ucraini; e poi ci sono i turchi, i “vicini di casa”, che – come ci racconta la gente del posto – qui possono stravaccarsi in spiaggia sorseggiando una fresca birra, a differenza che a casa loro dove è proibito. I turchi li si riconosce subito e per la parlata e per l’aspetto fisico più arabeggiante dalla pelle più scura; nel complesso i giovani turchi hanno dei bei fisici, snelli e robusti, molti uomini hanno la barba folta; i georgiani invece sono un pò tutti uguali, hanno la pelle più chiara, i capelli scuri e una pettinatura con la riga a lato (a sinistra o a destra)... le donne sono abbastanza inguardabili, a parte rari casi; si nota che nella loro millenaria storia non hanno avuto un gran chè di miscugli con altre razze: il naso è forse una delle caratteristiche maggiormente distintive del popolo georgiano: un pò aquilino e prominente. E le “panzette” messe in bella mostra sono un programma... per non parlare del tono di voce... già hanno una lingua che oltre che indecifrabile è dura e gutturale; se poi si aggiunge il tono di voce alto e lo stile un pò aggressivo delle conversazioni, l’impressione per chi non li conosce è quella che siano sempre incazzati o che stiano litigando. Questo è il bello della diversità...


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Il "benvenuto" mangereccio a Batumi: "adjarskij" khachapuri (quello con l'uovo), tipica insalata fresca georgiana con cetrioli e pomodori e guarnita con la tipica salsa di noci; e piatto di formaggi tipici, tra cui predomina il morbido "suluguni".


È piacevolissimo passeggiare sul lungomare. Lo ricordavo così, curato, pulitissimo e molto verde. Un filare di piccole palme delimita la pista ciclabile dalla strada dal passeggio che costeggia la spiaggia. Sì, perchè a Batumi si possono prendere a noleggio le biciclette... al di là della pista ciclabile si estende la zona verde composta da pini marittimi, palme, cactus e altra vegetazione. Di tanto in tanto si incontrano barettini con terrazze e con i caratteristici “domiki” (casettine); nei ristoranti e nei “kafè” georgiani, ma un pò in tutto il Caucaso, è tipicissimo l’uso di questi “domiki”, dove ci si può sedere più intimamente con una compagnia di amici. Per fortuna non sono tanti, non c’è quell’ossessionante sfilza di locali, discoteche e ristoranti; forse ciò non è un bene per gli “sbarbati”, ma per me ciò rende l’ambiente più tranquillo e riposante. Di tanto in tanto poi si incontrano sculture moderne in bronzo a dare un tocco di originalità al lungomare.


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Il lungomare di Batumi.


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Un locale sul lungomare.


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Una delle sculture che si incontrano passeggiando sul lungomare.


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Il lungomare di notte.


Si può cominciare dal porto, dalla zona della ruota panoramica. Anzi, un giro su di essa è obbligatorio per gustare dall’alto la vista sul centro storico della città, sulle montagne circostanti, sul porto, sul mare... e sulle sagome di Alì e Nino, che pure girano, poggiate su marchingegno di ferro, contemporaneamente insieme, e su sè stesse. In questo modo si alternano schiena contro schiena e volto contro volto a simboleggiare l’avvicinamento e l’allontanamento...


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La vista sul centro di Batumi dalla ruota panoramica.


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La vista sul porto.


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...e quella su Alì e Nino...


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Ed ecco un primo piano di Alì e Nino.


Questa originale opera d’arte in ferro – la statua dell’amore – rappresenta i protagonisti di un romanzo di un autore azero dell’inizio del ‘900 che racconta la storia d’amore tra Alì, musulmano azero e Nino, una ragazza cristiana georgiana; ambientato a Baku sullo sfondo delle vicende della prima Guerra Mondiale e della rivoluzione bolscevica che poi toccherà anche l’Azerbaijan, in esso l’autore cerca di dare delle risposte all’eterno conflitto tra mondo musulmano e cristiano, oriente e occidente, e al riflesso di questi macrosistemi sulla storia d’amore tra un uomo e una donna.

Il momento per me migliore per passeggiare sul lungomare è al tramonto in modo da poter giungere in tempo, verso le nove di sera, e dopo aver percorso, credo, un paio di chilometri, alle spettacolari fontane "danzanti".


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Le fontane "danzanti".

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...e ancora...

Ci tenevo davvero che i piccoli vedessero questo incredibile gioco d’acqua e di illuminazione che, a suon di musica in un medley di pezzi classici, contemòporanei, jazz e del rock, crea uno spettacolo di geometrie impressionante ed unico. Ci riusciamo solo l’ultima sera e lo stupore dei bambini è tutto negli occhi luccicanti che riflettono i colori che provengono da quel gioco di spruzzi, e nei gemiti del Giorgetto che con le braccia tende verso le fontane quasi a volerle toccare. Qui, nella frescura dove ogni tanto ti raggiunge qualche spruzzo, nelle luci del tramonto, si può trascorrere seduti una bella oretta.


Gringox


gringox [ 07 Luglio 2016, 13:30 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Sabato 25 giugno.

Subito il primo giorno, per puro caso, facciamo la conoscenza con Nodari, colui che diventerà il nostro “voditel’” (autista) per tutta la permanenza a Batumi. In realtà non è un caso conoscere per caso gente in Georgia (e il gioco di parole è letteralmente voluto)... un aspetto della società che mi ha sempre colpito da queste parti è il fatto che pare che qui si conoscano tutti tra loro. Questo, unito alla proverbiale ospitalità dei georgiani, si riflette nella disponibilità e nell’efficacia di risolverti i problemi sul momento, di trovare la persona giusta al momento giusto, anche grazie ad un’istantanea telefonata. E così, parlando con un vicino di casa per la questione dell’acqua calda, il discorso cade sull’escursione a Mahuntseti che ho intenzione di fare in giornata, come da mio programma. Questo gentilissimo signore non ci mette nè uno nè due che ha già la soluzione: il taxista Nodari, un suo amico – dice – molto onesto, disponibile e conoscitore della zona.

Insomma, dopo meno di un’ora, caricati lo zaino “porta-Giorgetto” e il mio zainetto, siamo già in macchina con lui, e partiamo alla volta di Mahuntseti. Nel rivedere vecchi posti cerco sempre di studiare varianti nuove in modo da appprofondire la conoscenza del territorio, e rendere più stimolante la permanenza; e so che qui intorno a Batumi ci sono ancora diverse zone, soprattutto nell’entroterra montano, da esplorare. Il programma dunque prevede la sosta alla cascata di Mahuntseti, il ponte della regina Tamara sul fiume Adjaristzkali e, rientrando verso Batumi, la visita al “vinnij dom” (la casa del vino) con degustazione del tipico vino Chkhaveri che viene lì prodotto.

Ci troviamo a 30 km. da Batumi, il mare non si vede più e sinceramente non parrebbe neppure di averlo così vicino vedendo la fitta vegetazione di questo paesaggio pre-montano intorno; già si sente una certa frescura e un assaggio di aria di montagna. Ma fa comunque caldo, anche perchè qui siamo bassi e le “vere” montagne si incontrano più avanti, verso Akhaltsihe. Forse per la calura, ma forse più per esibizionismo vedo qualche turista in costume tentare di reggersi in piedi sotto il potente getto freddo della cascata, alta circa 30 m. La cascata è carina, c’è parecchio movimento di gente che si sofferma, fa foto, e si gode gli spruzzi. Nodari ci dice che un paio d’anni fa è successo un brutto incidente: una mucca che pascolava nei prati al di sopra della cascata, non si sa come, è scivolata giù trascinata dall’acqua e l’hanno trovata morta nel ruscello qui sotto. Povero animale...


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La cascata di Mahuntseti.


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Cucinano shashlyk in un ristorantino accanto alla cascata.


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Due simpatici georgiani; uno di loro mette in bella mostra la "panzetta" a prendere aria... è un atteggiamento tipico dell'uomo georgiano in estate


Da qui al ponte della regina Tamara è un attimo. Appena lo vedo mi torna in mente questo nome – quello della “mitica” regina Tamara che visse a cavallo tra il XII e il XIII sec. – che tanto ha lasciato alla Georgia in termini di eredità architettonica, oltre ad aver contribuito fortemente alla cristianizzazione della regione e alla difesa del Cristianesimo dall’Islam. Di lei si sente parlare spesso in Georgia, perchè a lei si riconduce uno dei periodi storici più floridi nella storia georgiana. Mi ricordo di aver anch’io toccato con mano, anni fa durante uno dei miei primi viaggi nel Caucaso, uno tra i più famosi lasciti della regina Tamara: l’impressionante monastero di Vardzia, scavato nella roccia, pieno di cunicoli, corridoi e stanze, che poteva accogliere oltre 360 persone.


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Il monastero di Vardzia, scavato nella roccia. Foto d'archivio tratta dal mio viaggio in Georgia del 2003.


Ed ora ritrovo qui la regina Tamara, neanche troppo lontano da Vardzia, e mentre cammino lentamente su questo piccolo e “solitario” ponte tutto in pietra del XII sec., guardo il fiume dall’acqua marrone per le piogge di qualche giorno prima scervellandomi su come sia stato possibile costruire un’arcata così precisa nella curvatura e una struttura così stabile da essere rimasta intatta fino ai nostri giorni. Al di là del fiume ci aspetta una piacevole sosta.

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Il ponte della regina Tamara.


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Vista dal ponte sul fiume Adjaristzkali e sulla valle.


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Il ponte e, al di là, il ristorantino dove mi sono fermato a mangiare.


La vista di alcuni “domiki” sparsi qua e là lungo la sponda del fiume, e l’olfatto che viene stimolato dal profumo della carne alla brace producono uno scossone per lo stomaco che inizia a mostrare i segni della fame. Propongo a Nodari di pranzare con noi, lui è mio ospite. E lui senza indugio ci consiglia di fermarci proprio in quel ristorantino al di là del ponte; è un posticino delizioso, ombreggiato e tranquillo. Bellissimo! Tanto per cambiare Nodari saluta il simpatico padrone del locale come se si conoscessero da una vita. Mangiamo un succulento shashlyk di montone e maiale accompagnato dalla solita birretta fresca e ci riposiamo degnamente.

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Eccolo qui il ristorantino...


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...e un tipico "domik" a picco sul fiume


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Il caro Nodari - nostro "voditel'" - e il succulento shashlyk... il shampur (spiedino) a destra è di carne di montone.


Prima di ridiscendere verso Batumi ci fermiamo al "vinnij dom". Questa moderna cantina è stata pure visitata da Hillary Clinton ai tempi in cui Saakashvili era presidente della Georgia, qualche anno fa. Ovviamente di questo particolare l’azienda vinicola se ne fa un vanto e ci sono foto che immortalano quel momento. La particolarità sta nel fatto di essere praticamente l’unica realtà produttiva di vino in una regione – quella dell’Adjaria con capoluogo Batumi – troppo umida e poco adatta alla viticoltura. Di per sè non ha nulla di diverso da certe cantine nostrane; elegante e sfarzoso il ristorante con ambienti ideali per banchetti e matrimoni; curatissimo il giardino-ristorante e moderna la tecnologia di produzione del vino. Per curiosità ci concediamo una degustazione di Chkaveri – il vino qui prodotto... meglio non l’avessimo fatto, visto il conto per un calice (20 lari – circa 8 Euro)... e il vino non certo di qualità pari al Saperavi, al Kindzmarauli o alla Kvanchkara.


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Il "vinnij dom"


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...alle prese col modo tradizionale di bere il vino...


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Il vigneto dell'azienda.


Gringox


gringox [ 07 Luglio 2016, 13:49 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Domenica 26 giugno.

La “vacanzina” non è degna di questo termine se non c’è un pò di sapore di avventura! Beh, per me il passaggio della frontiera tra Georgia e Turchia a piedi non è una novità; ben più intrigante credo che possa essere per i bambini. Per questa missione prendiamo la carrozzina in quanto non dobbiamo affrontare sentieri o percorsi scomodi; al massimo l’unico “sbattimento” potrebbe essere il “chiuderla-aprirla” frequente per il sali-scendi tra un mezzo di trasporto e l’altro, occorrenti per giungere a destinazione.

Obbiettivo è tornare ad una mitica spiaggetta turca che avevo trovato per caso tre anni fa e che mi aveva colpito per la sua compattezza, per l’acqua trasparente, per la sua posizione isolata e tranquilla, e per il bel paesaggio intorno. Sulla carta non dovrebbe essere difficile ritrovarla: conosco il nome del paesino che le si trova più vicino (Arkhavi); ho il tablet con le foto da mostrare ad un taxista per farci portare lì; ed arrivare in Turchia in generale da Batumi è semplice dato che ci dovrebbero essere parecchi mezzi che ti ci portano; e il confine è vicino (circa 18 km.). Tre anni fa fu divertente arrivarci. Ricordo che a Batumi, camminando per la ul. Chavchavadze, ad una fermata degli autobus vidi un minibus con targa turca ed improvvisamente, mosso da uno scatto d’improvvisazione, presi per un braccio la mogliettina e in un attimo, senza sapere il perchè, nè cosa ci facevamo lì, nè dove saremmo arrivati, ci trovammo seduti ed iniziò l’avventura. Per fortuna nello zainetto avevo con me i passaporti... Ricordo che fu proprio l’autista turco di quella sorta di marshrutka, ad indicarci, già in territorio turco, e nella totale spaesatezza nostra, la spiaggetta famosa che poi mi sarebbe rimasta impressa e che abbiamo intenzione di ritrovare ora.

Ebbene oggi, alla fermata degli autobus, sempre in ul. Chavchavadze, ci dicono che quei minibus che prima effettuavano la tratta Batumi-Trabzon (Trebisonda) non ci sono più, o sono molto meno frequenti. Ci consigliano dunque di prendere il primo mezzo per Sarpi – il paesino di confine, l’ultimo della Georgia prima di entrare in Turchia; lì attraversare il confine a piedi e al di là di esso poi muoversi coi mezzi locali per arrivare a destinazione. In tasca ho ancora qualche lira turca e penso che possa tornarmi utile in quel frangente.

Giungiamo così in una mezz’oretta a Sarpi. Qui, oltre al confine, non c’è praticamente nulla se non una spiaggia piccola, rinomata ed amata da tutti gli abitanti di Batumi per la sua acqua pulita perchè – come ci aveva detto anche Nodari – da questa parte il mare non riceve i detriti del fiume Chorokhi che la corrente invece porta sempre verso Batumi. E poi qui ci si ritrova in una situazione molto curiosa: il confine sulla spiaggia, con tanto di cartello che lo indica e di soldatino che ci fa la guardia... e ci si ritrova a nuotare a cavallo tra Georgia e Turchia... col rischio di essere trascinati dall’altra parte e di ritrovarsi clandestini, sempre se non ti impallinano prima, ehehe...


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Il Gringox al confine georgiano-turco. Foto dal mio archivio fotografico del viaggio in Georgia del 2013.


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La spiaggia di Sarpi e, in fondo, la moschea già in terra turca. Foto dal mio archivio fotografico del viaggio in Georgia del 2013.


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La vista della spiaggia di Sarpi dalla Turchia. Foto dal mio archivio fotografico del viaggio in Georgia del 2013.


In questa occasione non ci fermiamo a fare il bagno a Sarpi, ma proseguiamo subito verso la barriera del confine. Giorgetto nel frattempo si è addormentato e, beato nella sua carrozzina, si ritroverà in Turchia senza manco saperlo... Paolino invece è tutto emozionato nel vedere il via-vai di uomini, macchine, autobus, marshrutke e camion, un trambusto disordinato, segno di una grande vivacità ed attività di questo confine. Qui infatti passa la “trassa” principale che collega Turchia, Iran ed Europa con il Caucaso e su su fino alla Russia. E poi c’è quel commercio (e contrabbando) tutto locale che lega Georgia (e Caucaso) con la Turchia e che ha nelle sigarette, nell’alcol e nell’abbigliamento i suoi punti di forza. Tra l’altro, poco prima del confine in terra turca – nel villaggio di Kemal Pashà – si trova un grosso centro commerciale “duty free” dove si possono acquistare a buon prezzo marchi turchi di abbigliamento ed esso è molto frequentato.

Vedo un certo stupore nei doganieri che, abbassando lo sguardo verso i bambini e guardando i loro passaporti... e poi guardando me e la loro mamma... sicuramente penseranno che questa famiglia non è del tutto “a posto”....
La scritta “Georgia” e “Sakartvelo” (nella indecifrabile lingua georgiana i cui caratteri di questo bestiale alfabeto già un pò riconosco) è alle spalle. Curioso come in georgiano la parola “Georgia” si dica “Sakartvelo”, dal termine “Kartli” che è una delle storiche ed originarie regioni del Paese. Chssà perchè tutti i Paesi con le lingue più assurde vengono chiamati dai loro abitanti con altrettanti nomi assurdi... penso all’Ungheria (Magyarország), all’Albania (Shqiperia), ai Paesi baschi (Euskadi)...


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La "terra di nessuno" tra Georgia e Turchia.


In breve siamo in Turchia. Paolino si guarda il suo bel passaporto col timbro turco ed io gli faccio notare subito una prima curiosità: la moschea con quel sottile e lungo minareto che si staglia nel cielo – simbolo di un mondo diverso da quello da dove siamo provenuti. Questa piccola moschea ci dà dunque il benvenuto in Turchia.

Qui inizia il “bello”. Tutto è più facile quando si riesce a comunicare con la gente, ma qui nessuno conosce l’inglese, nè tantomeno il russo, e noi ovviamente non parliamo turco! Se uniamo questo fattore agli sguardi, un misto tra stupore e furbizia, nel vedere noi così diversi da loro, una famigliola che non è certo lì per il commercio o per un qualche traffico particolare, ma chissà per che cosa... il pensiero che possiamo diventare dei polli da spennare credo che sia venuto in mente a molti... basta guardare le facce di certi taxisti...

Per arrivare alla famosa spiaggetta credo che non ci siano di più di 35-40 km. Con grosse difficoltà, sotto un caldo cocente, riusciamo a farci capire. Risultato: abbiamo un bel da fare! Taxi, da qui a Hopa; poi minibus, da Hopa ad Arkhavi; e poi ancora taxi da Arkhavi alla spiaggetta! Le prime 20 lire turche vanno via per il primo taxi. Le ultime 5 ci bastano per arrivare ad Arkhavi. Qui rimango senza soldi; la disperata ricerca di un cambio valute ci fa perdere tanto tempo... nessuno ci sa e ci può aiutare. Qui non ci sono cambi!
Arkhavi è una piccola città, molto curata. Colpiscono le aiuole e la accuratezza dei condomini. Non c’è traccia nè del lugubrio “soviet” – eredità del passato, nè del "megalomanismo" dei nuovi quartieri residenziali, caratteristiche delle città delle ex-repubbliche sovietiche. Qui è tutto più lineare, segno di un piano regolatore più umano. Anche la piccola moschea, che ha l’aria di essere abbastanza antica, è davvero carina e a misura d’uomo. La gente vive molto all’aperto – oggi certo in giro è deserto, forse perchè è domenica e sono tutti al mare; ma molti uomini sono indaffarati, seduti su piccoli sgabelli, a giocare ad uno strano gioco (forse i nardi o una specie di dama) e a bere thè nei curiosissimi bicchierini di vetro. Donne in giro non se ne vedono...


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La piccola moschea di Arkhavi.


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La "vita" nel paesino di Arkhavi.


Fortunatamente troviamo una banca e, col mio bancomat italiano che per puro caso è nel portafoglio, riesco a prelevare 50 Euro in lire turche. Con questi soldi trascorreremo la giornata in Turchia, finalmente più tranquilli. Nella bella piazzetta poco oltre la moschea c’è una fermata di taxi. Mostro il tablet con la foto della spiaggia. Il taxista, sicuro, sembra rispondermi: “so bene dove si trova questo posto, è qui vicino, a circa 6 km., venite con me!”... ed io lo so bene che è qui vicino! Mi chiede 15 lire e partiamo.

In breve siamo in spiaggia. Il posto me lo ricordo bene, non mi par vero di esserci tornato. Riguardo le foto di tre anni fa sul tablet, il profilo della costa, il dirupo dietro la spiaggia e il molo con i pietroni, per rendermi conto di essere veramente tornato allo stesso posto. Ed è proprio così! Il Giorgetto intanto si risveglia ed inizia a fare casino correndo a destra e manca – non si è manco accorto che ci troviamo in un altro Stato; Paolino sta tutto il tempo in acqua; me compreso; la mogliettina si svacca sotto l’ombrellone; facciamo un intermezzo col moscone e ci gustiamo il meritato relax. Intorno la gente è tranquilla; molti giovani, musica turca che proviene dal chioschetto sulla spiaggia e che rimbomba forte. Fa molto caldo e viene molta sete: ovviamente niente birra... ci accontentiamo della ottima limonata fresca turca.


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La spiaggetta isolata di Arkhavi.


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L'acqua del mare limpida e trasparente.


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La selvaggia costa turca...


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...e il Gringox in acqua


Verso il tardo pomeriggio, prima di rientrare in Georgia facendo a ritroso il percorso della mattina, saziamo la fame con la “mangiatina” turca di rito. Io adoro il kebap piccante, quello originale, come lo fanno qui, col peperone verde e il contorno di insalatina e risottino; la Jana, al contrario, non sopporta il piccante e, impegnandoci non poco per farci capire, troviamo per lei un piatto interessante che risulterà essere pure molto buono: la muhlamà, una sorta di “banosh” della Bukovina o della Transcarpazia, ma cucinato non nello smetana bensì nell’acqua, quindi più vicino ad una nostrana polenta, ma con il formaggio locale fuso dentro. Chiudiamo con un classicissimo caffè alla turca, che qui è davvero quello originale, nerissimo, denso e gustoso.


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Il mio kebap...


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...e la muhlamà...



Gringox


gringox [ 07 Luglio 2016, 13:57 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Lunedì 27 giugno.

Nodari è già sulla strada che ci aspetta. Destinazione di oggi è il giardino botanico. Anche qui ero già stato, ma vale assolutamente la pena tornarci. Un tuffo in un paradiso dei profumi e degli aromi che si estende per tutto il promontorio, a pochi chilometri dal centro di Batumi; e un’escursione che si può concludere, come faremo noi, con il giusto relax e un rinfrescante bagno nell’acqua blu dell’isolata spiaggetta che sta ai piedi della collina del giardino botanico e che si può raggiungere solo a piedi.

Zaino porta-Giorgetto (con Giorgetto dentro) in spalla e si parte. Io sono un amante della natura, godo nel passeggiare in mezzo alla vegetazione; molto più che negli zoo dove provo una gran pena per i poveri animali in esso rinchiusi; trovo molto più naturale l’idea del giardino botanico che ti permette di fare il giro del mondo e di attraversare in breve tempo le diverse fasce climatiche della terra (da quella tropicale, sub-tropicale, a quella himalayana, ecc.), venendo in contatto con le diverse tipologie di piante e di vegetazione. Qualche esperienza di giardini botanici ce l’ho, in particolare conosco bene quello di Kiev... ma tra quelli che ricordo di aver visitato, e questo di Batumi, corre un abisso! Qui, per girarlo tutto, forse non basta una giornata, ma noi ci limitiamo al percorso principale. La salita spezza il fiato, soprattutto a me che ho lo zaino porta-Giorgetto sulle spalle, ma la vista mozzafiato sul mare in certi punti del percorso ti ripaga della fatica. Abbracciamo tronchi di enormi eucalipti centenari, camminiamo in mezzo a foreste di bambù, e di palmeti, ci imbattiamo in alberi dalla forma strana e attraversiamo aiuole di rose e fiori di vario tipo. Intorno la frescura, il silenzio e le diverse tonalità del verde...


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La vista sulla baia al di sotto del giardino botanico.


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Le sagome degli edifici di Batumi in lontananza; vista dal giardino botanico.


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L'enorme tronco di un eucalipto.


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Il bosco di bambù...


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...strani alberi...


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La fitta vegetazione nel giardino botanico.


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Nella spiaggetta nei pressi del giardino botanico ci fanno "visita" dei simpatici montoncini...


A fine escursione, oltre al ricordo di un’intensa giornata nella natura con bagno incluso, piaciuta a tutti, resta un pensierino simpatico, che anche questa volta decido di portarmi a casa: la curiosissima e strana “stydlivaja mimoza” (la mimosa “timida”). La pianta dalle fogliette ultra-sensibili; al tocco “estraneo” (per esempio con un dito), quasi a vergognarsi per l’intrusione, esse si richiudono su sè stesse per qualche minuto e poi si riaprono; e così di notte quando si “addormentano” anche loro rattrapprendosi, e si risvegliano solo con la luce del giorno, riaprendosi. L’ultima volta che la prendemmo ci durò un anno circa, poi – poverina – morì, forse a causa di un colpo d’aria nella stagione invernale. Questa pianta infatti ama il caldo e d’inverno occorre tenerla lontano dalle basse temperature. Questa volta, per sicurezza, ne prendiamo due con l’intenzione di curarle come un “tamagoji” e con la speranza che vivano a lungo.


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La mimosa "timida"...


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...e qui dopo averla toccata...


L’ultima cena a Batumi è la migliore, forse anche per la fame del dopo-passeggiata sul lungo mare provenendo dalle fontane danzanti. Ci lasciamo un pò andare e ordiniamo un pò di tutto: antipasto misto di “pkhali” (rotolini di una specie di erbette), palline di spinaci e melanzane con la salsa di noci; un filamentosissimo e ricchissimo khachapuri – quello classico e che preferisco di gran lunga, cioè l’ “imeretskij”, rispetto all’ “adjarskij” che è la variante con l’uovo – e l’ “ostrij”, una spettacolare specie di brasato con tanta carne di manzo tenerissimo, in salsa di pomodoro, che sarebbe ancora migliore se non mettessero quella dannata erbetta chiamata “kinza” (un pò simile all’ukrop di russa e ucraina memoria, e che pure non sopporto)... ma che in generale è davvero gustoso. E che si chiama “ostrij”, ma che non ha assolutamente nulla di piccante, sebbene in russo la parola “ostrij” quello significhi. Vino e birra e succhi per i piccoli.


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L'antipasto di "pkhali", rotolini di spinaci e melanzane con salsa di noci.


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Il "ostrij"...


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...e il classico khachapuri.



Martedì 28 giugno.

Un abbraccio quasi fraterno ci congeda da Nodari che ci lascia all’aeroporto. Stiamo per rientrare a Kiev, un pò tristi, un pò stanchi per le escursioni, un pò riposati per il mare; abbronzati e decisamente soddisfatti e felici. Abbiamo trascorso quattro meravigliose giornate pienamente, che sono volate. E, mentre sono in fila per il check-in mi convinco di una cosa: che anche questa volta si tratta di un nuovo “arrivederci” alla Georgia e a Batumi; e che la prossima volta però, non sarà per così poco, ma almeno per una settimana o più.



Gringox


sorrento76 [ 07 Luglio 2016, 19:42 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
ASSOLUTAMENTE SPETTACOLARE!!!


Cheburashka [ 07 Luglio 2016, 19:51 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Bellissimo ...grande descrizione...sempre un piacere leggere.


WILLOWMASK [ 08 Luglio 2016, 8:19 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Grande Gringox.......
le tue descrizioni riescono a farci vivere le tue esperienze.

Willow


direttore [ 08 Luglio 2016, 11:52 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Grande Generale Riesci a trasmettere a chi legge questi resoconti la tua energia da esperto viaggiatore


geom_calboni [ 08 Luglio 2016, 13:08 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Viaggio, racconto e foto spettacolari.
Da appassionato ho apprezzato soprattutto quelle della frontiera trurco-georgiana che mi hanno ricordato un po la frontiera tra Israele e Libano tra l' altro.


n4italia [ 08 Luglio 2016, 13:26 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Grande, Ale !! Racconti e foto fantastici !!


Butterfly77 [ 08 Luglio 2016, 13:56 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Ad ora ho visto solo le foto mi piacciono molto....soprattutto quelle del cibo....ma scherzi a parte anche le altre fanno venire voglia di scoprire nuovi luoghi a me sconosciuti....che spero che prima o poi siano meta di un mio viaggio da quelle parti.... ora appena rimessa in pari mi dedicherò alle vostre letture del presente topic....


gringox [ 11 Luglio 2016, 9:31 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Grazie ragazzi, sono viaggi che in ogni caso non lasciano indifferenti.
E poi, un grazie va anche alla mogliettina, perché con bambini così piccoli non è facile accettare di fare avventure del genere e soprattutto realizzarle. Non so quante donne/ragazze(russe o italiane che siano) riuscirebbero ad affrontare viaggi del genere. Anzitutto fisicamente, perché davvero non è semplice muoversi tra gli sbattimenti di questo tipo di viaggi; carrozzina, zainetto-porta bambino, biberon, allattamento nelle varie situazioni, bambino che ha le sue esigenze, che a volte piange; poi l'altro che ha le sue, che a volte sclera, mantenere la calma, la pazienza, ecc..... Poi l'adattarsi a certe situazioni; al su e giu tra i mezzi di trasporto; a certe condizioni scomode di permanenza, ecc...

Insomma, brava la mogliettina e bravi i pupetti!!
E bravo il Gringox a "guidare" la banda


Gringox


Butterfly77 [ 11 Luglio 2016, 11:57 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Grazie ragazzi, sono viaggi che in ogni caso non lasciano indifferenti.
E poi, un grazie va anche alla mogliettina, perché con bambini così piccoli non è facile accettare di fare avventure del genere e soprattutto realizzarle. Non so quante donne/ragazze(russe o italiane che siano) riuscirebbero ad affrontare viaggi del genere. Anzitutto fisicamente, perché davvero non è semplice muoversi tra gli sbattimenti di questo tipo di viaggi; carrozzina, zainetto-porta bambino, biberon, allattamento nelle varie situazioni, bambino che ha le sue esigenze, che a volte piange; poi l'altro che ha le sue, che a volte sclera, mantenere la calma, la pazienza, ecc..... Poi l'adattarsi a certe situazioni; al su e giu tra i mezzi di trasporto; a certe condizioni scomode di permanenza, ecc...

Insomma, brava la mogliettina e bravi i pupetti!!
E bravo il Gringox a "guidare" la banda


Gringox



Ciao Gringhetto anche se non ho figli, ti condivido in pieno nel tuo pensiero perché è il pensiero delle mie amiche che hanno due o tre figli che affrontano un viaggio anche se meno avventuroso del vostro ma sempre pieno di problemi da affrontare come figli, moglie, ecc.... ecc...ma comunque appena mi sarà passata la mia infezione agli occhi darò una lettura al tuo meraviglioso viaggio in Georgia dove spero di riuscire ad andarci presto....perché mi sta affascinando il mondo del viaggio ON THE ROAD....


gringox [ 27 Ottobre 2016, 10:41 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Il "weekendino" georgiano è andato alla grande! Un tuffo nella primavera staccando dal freddo kievliano che già inizia a pungere seriamente.
E un’immersione nel “kolorit” di una Terra e di un popolo che non finisce mai di stupire...

Questo fine settimana l’avevo pianificato esclusivamente per ritrovarmi con gli amici fraterni che ho a Tbilisi e che avevo voglia di rivedere (era oltre un anno che non ci si vedeva). Far conoscere tra loro i miei e i loro bambini, e trascorrere in città un paio di serate divertenti, approfittando del fatto che proprio nel week end in questione si festeggia la “Tbilisoba” (la festa della città di Tbilisi e insieme festa del “raccolto” – con manifestazioni ed eventi “mangerecci e beverecci” un pò sparsi per la città). Una ricarica dunque, che è poi un’esigenza per lo spirito e per la mente, di un’amicizia che mi coinvolge pienamente e che necessita di tanto in tanto anche del contatto fisico.

La serata di benritrovati a Tbilisi trascorre all’insegna della tradizione georgiana. In tutto e per tutto: nell’azzecatissimo locale, “alla buona” e famigliare come ce ne sono tanti in città – bella la consuetudine di poter portare con sè il proprio beveraggio. Nel menù che ha visto da protagonisti dei magnifici kinkhali, della tenerissima Khashlama e del libidinoso shashliciok... e nella dose elevata di vino “domashnoe” (accompagnato anche da un “assaggio” di chacha) che ha contribuito a proiettarci nella dimensione euforica georgiana... in breve ci dimentichiamo che solo poche ore prima eravamo ancora nella gelida Kiev...
Che si debba trattare di una bella serata lo si capisce già in aeroporto, quando seduti nella macchina del buon Zvjadi (che ci accoglie) lui ci mostra la “boccia” da 5 l. del suo vino, esclamando con una risata sonora: “siete pronti ragazzi per stasera?...”


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A capotavola Gheorghi (che come ricorda il mio Paolino è quello che ringrazia sempre Dio nei suoi “tost”); alla sua sinistra Zvjadi, io di fronte a lui; e alla sinistra di Zvjadi, a fianco a paolino, il caro Merab. In questa serata di benritrovati ho dovuto fare io il “tamadà”, anche se spesso e volentieri era Gheorghi ad alzarsi e pronunciare solenni alcuni “tost”.


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Tra i canonici e commoventi “tost” – quello dedicato ai cari morti, dopo il quale segue la bevuta rigorosamente “alla goccia”.


Il venerdì lo trascorriamo a zonzo per Tbilisi. Tra le attrazioni più divertenti, soprattutto per i bambini, c’è la cabinovia che ti porta alle rovine della rocca di Narikala, da dove si domina la città e si può fare una bella passeggiata fin sotto la “rodina Mat’”, l’imponente statua che rappresenta la “madre” Georgia, che tiene in mano da una parte la coppa di vino, simbolo dell’amicizia, da offrire agli stranieri che giungono in pace; e dall’altra la spada, simbolo della forza, da utilizzare nel caso lo straniero giunga con cattive intenzioni...


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La vista dalla cabinovia: qui sopra la piazza Europa;


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Il fiume Mtkvari (Kurà, in russo) e la chiesa Metekhi;


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La città vecchia che si estende fin quasi la rocca Narikala, che si intravede in alto.


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Ancora la chiesa Metekhi e la statua del sovrano Vakhtang Gorgasali a cavallo, lo “zar” che visse nel V sec. d.C e che è considerato uno dei fondatori dello stato georgiano.


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Al centro la “rodina Mat’” Georgia.


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...passeggiando tra le viette della vecchia Tbilisi...


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La facciata della antichissima chiesetta Amchiskhati...


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Gente sulle strade per la “Tbilisoba”, la festa della città di Tbilisi...



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Bancarelle dove si può degustare vino georgiano delle varie cantine, chacha e “guda”, un formaggio stagionato molto saporito, davvero buono che ricorda un pò un parmigiano di mezza stagionatura, ma più salato (diverso dal classico “suluguni” che, per intenderci è quello che si usa per il kachapuri).


Sabato 15.10.16

Conoscendo ormai bene i georgiani, so che sono capaci di sorprendere sempre nella loro micidiale ed efficacissima improvvisazione.
E così, mentre passeggiamo coi bambini tra le bancarelle di una Tbilisi festosa, tra degustazioni di vino, attrazioni per i bambini, musica, balli e tanto altro, giunge verso l’una la telefonata di Zvjadi che ci avvisa che è già arrivato in zona e ci sta venendo incontro... Qui gatta ci cova, penso io...
In un attimo veniamo “sequestrati” e caricati in macchina. Con lui c’è anche Gheorghi e il suo figlioletto Ivan. È chiaro allora che hanno un programma diverso per trascorrere la seconda parte della giornata...

Volevamo rivedere la restante parte della famiglia di Zvjadi, moglie e figli, in modo che i bambini potessero conoscersi tra loro? Loro adesso sono in Kakheti (la regione georgiana famosa per il vino), nella casa di campagna, a oltre 100 km da Tbilisi; ebbene, là ci dirigiamo! “Tranquilli, abbiamo sgozzato un toro di 200 kg, e la compagnia è già a tavola, e sta aspettando noi... oggi si conclude la “Alaverdoba”, dopo tre settimane di festeggiamenti e sarà bellissimo avervi con noi”. “Tbilisoba”, “Alaverdoba”?... penso che questi georgiani sono sempre in festa, eheh...
Beh, anche se lo volessimo, a questo punto ci risulterebbe impossibile rifiutare una proposta del genere. E noi che pensavamo di terminare la giornata a Tbilisi...

Il viaggio non è brevissimo (circa un’ora e mezza), strada in buono stato, pochissime macchine sul percorso, una curva dietro l’altra tra le montagne prima di giungere a Telavi e poi oltre, verso la campagna di Zvjadi.
Prima di unirci alla famiglia allargata (circa una ventina di persone) già con le gambe sotto il tavolo da ore, è d’obbligo una sosta di preghiera e ringraziamento al Padre Eterno. La religiosità di questi ragazzi è sorprendente, non è per nulla superficiale, e non cade neppure nel fanatismo; è intima, è interiore, è sincera. Ed è davvero parte integrante della loro quotidianità.
Giungiamo così presso il monastero di Alaverdi. Rimango a bocca aperta! Questa cattedrale mastodontica, a tratti diroccata, in mezzo alla pianura e circondata dalle montagne è davvero suggestiva. Qui vive tuttora una comunità di monaci che coltiva uva, vive di preghiera e produce vino e miele.
E così un tassello si aggiunge alla mia conoscenza della Georgia.



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La cattedrale di san Giorgio che aveva la cupola più alta della Georgia (circa 50 m.), prima che costruissero la cattedrale Tsminda Sameba a Tbilisi. Questo monastero, costruito nell’XI sec. è patrimonio dell’Unesco.


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La spettacolare cornice naturale in cui si trova il monastero...


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Le montagne in lontananza, e al di là la regione montuosa di Tusheti...


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La tenda dove la famiglia di Zvjadi da tre settimane festeggia “Alaverdoba”...


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La tavolata degli uomini (uomini e donne siedono tradizionalmente separati): a sinistra Gheorghi, a destra Zvjadi.


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Ciò che resta del povero toro di 200 kg... comunque davvero squisito!


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...non contenti del toro, la cena si conclude con un mega-shashlyk di vitellino...


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...bello questo mangal...

Che mangiata! Peccato che non ho fotografato la tanica... di vino... da 25 l.!!


Rientriamo a Tbilisi che è già buio. Mentre siamo in macchina Jana chiede a Zvjadi il segreto di come riuscissero loro a bere così tanto. “Hahahaha” sbotta il ragazzo con la sua usuale bonacciona e sonora risata, “perchè mangiamo tanto”... Mah...
Per concludere in bellezza la giornata Gheorghi ci convince a fare un salto a casa sua, per farci conoscere sua moglie e fare un’ultimo brindisi con lui e la sua famiglia. E così facciamo.


Il giorno successivo – la domenica 16 ottobre – è quello del ritorno a Kiev. Zvjadi, quasi fosse in dovere di farlo, ci accompagna in aeroporto e ci porta fino a su, al controllo passaporti, continuando a salutarci fino a che non scompariamo nelle sale del duty free, visibilmente triste e commosso, quasi a non voler troncare il distacco.

Si chiude così questa breve, ma come sempre qui, intensissima parentesi georgiana. La Georgia, me ne rendo conto ogni volta di più, è tutto questo; è nei gesti delle persone, come in queste scene di commiato che racchiudono la profondità dell’amicizia, dell’ospitalità e della schiettezza del rapporto umano.


Gringox


sorrento76 [ 27 Ottobre 2016, 10:59 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Ennesimo fantastico resoconto,grande Generale!


n4italia [ 27 Ottobre 2016, 11:43 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Grande, Generale, foto e racconto superbi !!


geom_calboni [ 27 Ottobre 2016, 13:05 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
In barba alla bilancia...


direttore [ 27 Ottobre 2016, 13:39 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Grandissimo Generale Adoro il tuo stile nel raccontare i viaggi, riesco a sentire il profumo dei luoghi da te visitati e ho la sensazione di aver partecipato alla tavolata. Magnifico resoconto, grazie per aver condiviso questa nuova esperienza.


Butterfly77 [ 27 Ottobre 2016, 14:01 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Uau Gringox che bel racconto..... mi hai catturato molto....belle foto e soprattutto quelle del cibo....da quale buona forchetta quale sono....peccato non aver visto la foto della tanica di vino da 25 lt. sarà per la prossima.....

Un saluto....
Butterfly77.


gringox [ 25 Giugno 2017, 16:39 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
...e mercoledì 28/06 si ritorna a Batumi , a distanza di un anno ne approfitto per il "solito" ponte del giorno della Costituzione, per fare una puntatina nella mia amata Georgia, sperando di trovare bel tempo con tutta la banda (la famigliola) e con tanta voglia di avventura

Poi vi racconterò...

Gringox


gringox [ 03 Luglio 2017, 15:31 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
E anche questa volta si è concluso il viaggetto a Batumi, che ormai da tradizione faccio da qualche anno insieme alla famiglia proprio in questo periodo.

Quest'anno non eravamo soli... bensì in compagnia del geom_calboni (con Paolo, forumista di Otra), e abbiamo trascorso 4 giorni di avventure stupendi (qui il link al topic sull'estemporaneo transcaucasico: http://www.russia-italia.com/estemp...6.html#p6847856) .

Più avanti posterò qualche foto e qualche racconto...

Gringox


gringox [ 07 Luglio 2017, 10:20 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Georgia-Turchia, giugno 2017.


Il bello di tornare negli stessi posti, oltre perché banalmente piacciono e ci si trova bene, è che in ogni ritorno si impara sempre qualcosa di nuovo, che era sfuggito la volta precedente. Ciò arricchisce la conoscenza del posto e ti lega ancor più ad esso.

Così quest'anno finalmente è capitato per la "mitica" spiaggetta turca, quell'angolo sperduto di Anatolia Orientale sul Mar Nero, conosciuto per caso qualche anno fa durante un'avventura verso l'ignoto in terra turca insieme alla mogliettina. Qui, già per la terza volta sono tornato con la famiglia (e quest'anno insieme al forumista di Otra Paolo di BG). Conoscendo ormai il posto, a pensarci bene a mente fredda, non so se vale più la pena sopportare tutti gli “sbattimenti” del valico di frontiera georgiano-turco per trascorrerci una giornata, sebbene bellissima ed intensa... Il sudore che gronda sulla pelle per il caldo, per la calca di gente variopinta (è un crocevia di diverse razze, quest’anno abbiamo incontrato diversi iraniani) che disordinatamente ti pressa, ti spinge è indescrivibile, e costituisce l’aspetto più massacrante del passaggio di questa frontiera, sopratttuto per i bambini. Quest’anno tra l’altro la parte turca è in fase di ristrutturazione, pare che debbano realizzare una mega costruzione di frontiera e ciò ha complicato ulteriormente l'attraversamento.


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la spiaggia di Sarpi (Georgia) vista dalla parte turca...



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la prima moschea a Sarp, in terra turca, appena oltre il confine (il confine divide in sostanza in due lo stesso paesino chiamato Sarpi dai georgiani, e Sarp dai turchi). Si tira indietro l'orologio di un'ora rispetto alla Georgia, e si "entra" in Medio Oriente, in terra musulmana...



E così, ogni anno mi dico "basta"... ma poi, chissà perché, ci torniamo sempre... forse proprio perché la "giornata turca" - come l'ho definita io nella descrizione della vacanza estiva georgiana, costituisce quel "rito" che racchiude in sé emozioni di viaggio forti per me e per i bambini, relax in un angolo sperduto di mare dove non c'è né turismo, né popolarità, mini-shopping di abbigliamento turco in un "duty free" di confine assolutamente esilarante, e infine "mangiatina turca" a base di kebab - quello originale strapiccante - che solo qui trovo così eccezionale.

Ebbene quest'anno finalmente ho conosciuto il "mitico" nome di tale spiaggetta, così le prossime volte non dovrò più mostrare la foto del posto per arrivarci: si tratta della “kiyicik plaji”, ovvero la “spiaggia di kichik”, sconosciuta al mondo ma rinomatissimo posto per la gioventù del piccolo e tipico paese di Arhavi, a letteralmente 30 km. dal confine turco-georgiano. E pensare che per percorrerli occorrono, per la gioia del mio figlio grande che ogni anno che passa sembra divertirsi sempre di più, addirittura tre marshrutke: la prima dal confine (Sarp) a Hopa, la città più grande della zona; la seconda da Hopa ad Arhavi e la terza che da Arhavi ti “scarica” all’altezza della spiaggia, che dista 5 km. dal paese.


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Eccola qui la spiaggia di kichik...



Per il resto su Batumi e la vacanzina non ci sono molte cose da aggiungere rispetto al racconto dell’anno scorso. La novità di quest’anno è, come già ho avuto mdo di raccontare, la presenza del Geometra e dell’otrista Paolo di BG, coi quali abbiamo di fatto trascorso le nostre serate e parte delle giornate batumiane (link: http://www.russia-italia.com/estemp...html?highlight= ). Poi, il tempo buono, l’acqua del mare caldina, le mangiate di khachapuri e di shashlyk, le serate insieme ai ragazzi, le passeggiate sul lungomare e tutto il resto hanno reso questa parentesi come sempre positiva e rivitalizzante.

Batumi l’ho trovata in pieno sviluppo edilizio... la zona che dall’aeroporto si estende verso il centro città è tutta un cantiere; e poi quest’anno mi è parso di vedere molto più turismo (come sempre proveniente da Paesi russofoni, Russia in primis, e turchi) rispetto all’estate scorsa, sebbene la stagione qui cominci solo ai primi di luglio. E, come sempre, un turismo di tipo “famigliare”. Cioè qui per lo più passano le vacanze famiglie con bambini, mentre manca la “movida” tipica di altre realtà di mare. Questo è anche evidente nella carenza di locali per giovani, tipo le discoteche, che lasciano spazio invece ad un lungomare lunghissimo spazioso, verde con aree per bambini, pista ciclabile e appunto pochi locali e attrazioni di divertimento. I pub e i locali per la gioventù, che pure ci sono e sono pure discretamente “sciccosi”, si trovano più nel centro città.

Un paio di nuove escursioni hanno alternato la nostra permanenza allo “svacco” in spiaggia. Grazie al supporto del nostro buon vecchio Nodari (l’autista conosciuto l’anno scorso e divenuto già un amico) abbiamo potuto visitare la chiesa Sameba, poco lontano da Batumi ed in cima ad una ripida collina, da cui si ha una vista spettacolare su Batumi e sul mare.


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La Sameba.


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...il panorama stupendo su Batumi dalla Sameba.



E abbiamo potuto spingerci verso l’interno, nella zona di Chakvi, oltre Batumi, verso le montagne, fino a raggiungere un posticino sperduto nel bosco, lungo ad un ruscello dove si trova un ristorantino incredibile. Solo conoscendo persone locali si può arrivare a conoscere tali posti... Qui il padrone alleva trote ed ha pure una sorta di bed&breakfast. E ovviamente, come abbiamo fatto noi, si può degustare un ottimo pranzo a base di trote fresche o di succulento shashlyk in una cornice magica...

Infine, insieme al Geometra e a Paolo di BG, siamo saliti in cabinovia al Belvedere sopra Batumi. Io ovviamente ci ero già stato in precedenza, i ragazzi ci tenevano a vederlo. Nulla d che...


Un saluto da Kiev,

Gringox


Butterfly77 [ 07 Luglio 2017, 11:41 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Gran bel racconto Gringo!!! La Turchia tira tanto anche a me fino dalla notte dei tempi della scuola quando organizzai un tour, del tutto fac-simile, alla zona in cui sei andato tu quest'anno. Chissà se prima o poi una capatina in questi posti a dir poco meravigliosi... la possa fare....

Ad ora la Turchia ho visto solo Smirne che mi ha molto affascinato.....


sorrento76 [ 07 Luglio 2017, 13:52 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Splendido resoconto come sempre generà!!

Io purtroppo,ultimamente,posso solo fare i resoconti del traffico che c'è qui da me,che non ha nulla da invidiare a quello di Mosca
E meno male che ho lo scooter!!


Montecristo [ 12 Ottobre 2018, 22:16 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
E anche questa volta si è concluso il viaggetto a Batumi, che ormai da tradizione faccio da qualche anno insieme alla famiglia proprio in questo periodo.

Quest'anno non eravamo soli... bensì in compagnia del geom_calboni (con Paolo, forumista di Otra), e abbiamo trascorso 4 giorni di avventure stupendi (qui il link al topic sull'estemporaneo transcaucasico: http://www.russia-italia.com/estemp...6.html#p6847856) .

Più avanti posterò qualche foto e qualche racconto...

Gringox

Bel resoconto!
A Batumi non ci sono ancora stato, ci sarei dovuto passare quest'estate, ma poi è saltata, ho fatto il bagno nel mar nero in Samegrelo, ma le spiagge e il mare non mi sono piaciute (a differenza dell'entroterra, per non parlare poi della regione montagnosa di Svaneti, che è stata proprio stupenda).


gringox [ 14 Ottobre 2018, 9:47 ]
Oggetto: Re: Uno Storico Ritorno: Georgia.
Montecristo ha scritto: [Visualizza Messaggio]
gringox ha scritto: [Visualizza Messaggio]
E anche questa volta si è concluso il viaggetto a Batumi, che ormai da tradizione faccio da qualche anno insieme alla famiglia proprio in questo periodo.

Quest'anno non eravamo soli... bensì in compagnia del geom_calboni (con Paolo, forumista di Otra), e abbiamo trascorso 4 giorni di avventure stupendi (qui il link al topic sull'estemporaneo transcaucasico: http://www.russia-italia.com/estemp...6.html#p6847856) .

Più avanti posterò qualche foto e qualche racconto...

Gringox

Bel resoconto!
A Batumi non ci sono ancora stato, ci sarei dovuto passare quest'estate, ma poi è saltata, ho fatto il bagno nel mar nero in Samegrelo, ma le spiagge e il mare non mi sono piaciute (a differenza dell'entroterra, per non parlare poi della regione montagnosa di Svaneti, che è stata proprio stupenda).


Montecristo ciao, Batumi è per me tappa fissa una volta all'anno a fine giugno; chissà, se ti organizzi magari l'anno prossimo ci possiamo beccare da quelle parti

Ciao,

Gringox




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