ROMA - "Un riconoscimento troppo a lungo mancato, un dramma negato per ideologia". Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano alla cerimonia dedicata alle vittime delle foibe. Il capo dello Stato ha consegnato oggi una medaglia d'oro ed un diploma ai parenti di trenta italiani uccisi nell'ambito della persecuzione etnica scatenata dalle milizie titine tra Trieste e Fiume alla fine della seconda guerra mondiale.
"Non dobbiamo tacere, - ha detto Napolitano - assumendoci la responsabilità di aver negato o teso ad ignorare la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica" il dramma del popolo giuliano-dalmata. E' stata una tragedia, ha spiegato, "rimossa per calcoli dilomatici e convenienze internazionali"
"Oggi che in Italia abbiamo posto fine ad un non giustificabile silenzio, e che siamo impegnati in Europa a riconoscere nella Slovenia un'amichevole partner e nella Croazia un nuovo candidato all'ingresso nell'Unione, dobbiamo tuttavia ripetere con forza che dovunque, in seno al popolo italiano come nei rapporti tra i popoli, parte della riconciliazione, che fermamente vogliano, è la verità. E' quello del 'Giorno del Ricordo' è precisamente un solenne impegno di ristabilimento della verità", ha aggiunto il capo dello Stato.
Napolitano ha voluto richiamarsi esplicitamente al suo predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, dicendo che ne raccoglie l'esempio circa "il dovere che le istituzioni della Repubblica sentono come proprio, a tutti i livelli, di un riconoscimento troppo a lungo mancato" delle tragedie di un intero popolo di istriani, fiumani e dalmati, che al confine orientale dell' Italia, dopo l'8 settembre '43, furono vittime di un moto di odio e di furia sanguinaria e di un disegno annesionistico slavo che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947 e che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica".
Una tragedia la cui memoria "ha rischiato di essere cancellata" e che invece, ha aggiunto il capo dello Stato, deve essere trasmessa ai giovani nello spirito della legge del 2004 che ha istituito il Giorno del Ricordo.
Nell' autunno 1943, ha aggiunto Napolitano citando recenti riflessioni e ricerche, "si intrecciarono giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento della presenza italiana da quella che era e cessò di essere la Venezia Giulia". Napolitano ha sottolineato quella che fu "una delle barbarie del secolo scorso, in cui si intrecciarono in Europa cultura e barbarie".
"Non bisogna mai smarrire consapevolezza di ciò - ha aggiunto il capo dello Stato - nel valorizzare i tratti più nobili della nostra tradizione storica e nel consolidare i lineamenti di civiltà, di pace, di libertà, di tolleranza, di solidarietà della nuova Europa che stiamo costruendo da oltre 50 anni, e che è nata dal rifiuto dei nazionalismi aggressivi e oppressivi, da quello espresso nella guerra fascista a quello espresso nell' ondata di terrore jugoslavo in Venezia Giulia. La nuova Europa esclude naturalmente anche ogni revanchismo".
Napolitano ha rivolto un omaggio affettuoso a tutti gli eredi di quella buia pagina della nostra Storia e un omaggio altrettanto affettuoso al professor Paolo Barbi, già presidente dell' Associazione dei profughi giuliano-dalmati (Anvd), che ha rievocato al Quirinale, in pochi tratti, i termini di quella disumana tragedia.
Poco prima, il ministro della Cultura Francesco Rutelli aveva testimoniato l'impegno di tutto il governo a rompere il silenzio su questa "dolorosa pagina" e a illuminarne i tratti e a sviluppare alcune iniziative per far conoscere il patrimonio storico culturale di italianità che rimane sulle coste dalmate, su quei territori che furono italiani.
Fonte: La Repubblica (Italia)