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1 agosto 2012
Daniela Ciabattini, Russia Oggi
In "Una montagna di briciole", romanzo di esordio di Elena Gorokhova, la vita nella Leningrado sovietica e la nostalgia di quegli anni


“Nata tre anni prima che la Russia diventasse l’Unione Sovietica, mia madre divenne l’immagine speculare del mio Paese natale: autoritaria, protettiva, difficile da lasciare”. Inizia così “Una montagna di briciole”, il romanzo d’esordio di Elena Gorokhova, che altro non è che il toccante memoir dei suoi primi vent’anni di vita nell’Unione Sovietica. Elena, nata nel 1955 a San Pietroburgo quando si chiamava ancora Leningrado, è figlia di due genitori devoti alla Patria e all’Unione Sovietica: la madre, medico e insegnante di anatomia, e il padre, ex membro del Partito.

 

Elena è diversa dai suoi genitori: non capisce le contraddizioni del Paese nel quale sta vivendo e non comprende perché a scuola non può leggere libri di autori stranieri, perché non si possono comprare vestiti d’importazione o perché non si possono raccontare certi tipi di barzellette. Elena ha davanti a sé l’immagine autoritaria della madre Galina, verso la quale prova una sorta di scetticismo e ribellione, proprio come nei confronti della Patria; così, per sopravvivere, la ragazza decide di scindere la sua personalità in due parti: quella pubblica, nella quale appare ubbidiente e rispettosa delle regole, e quella privata, nella quale cerca un modo di fuggire da una società improntata sull’ipocrisia.

 

Il modo per fuggire lo trova nello studio delle lingue, e in particolare dell’inglese, una lingua che Elena trova esotica e affascinante, anche grazie a certe parole proibite come “privacy” e dei suoni fonetici che non ci sono nella lingua russa. Una passione, quella per l’inglese, che Elena coltiverà dapprima segretamente, ma che poi la porterà a trovare lavoro come insegnante per gli stranieri all’Università di Leningrado.


Ed è proprio in questo contesto che arriva per Elena la possibilità di fuggire: conosce Robert, un ragazzo texano che decide di sposare, anche se non proprio per amore, e che le consentirà, grazie a un visto matrimoniale, di fuggire dall’Unione Sovietica e di ottenere la tanto agognata libertà, pur sapendo di essere bollata per sempre come “traditrice” sia dalla madre che dall’opinione pubblica.

 

Quello di Elena Gorokhova è una narrazione schietta, cruda e a volte perfino cinica; un racconto che non nasconde una profondo disaccordo per quel tipo di sistema, ma non esente da una leggera e velata nostalgia per quello che è pur sempre il suo Paese natale. Un racconto nel quale ricorre spesso la “montagna di briciole” del titolo, che altro non è che il sistema inventato da sua nonna per cercare di non far sentire la fame ai figli durante la grande carestia, ovvero sbriciolare il pane e lo zucchero per formare, appunto, una montagna di briciole.

http://russiaoggi.it/articles/2012/...urss_16831.html



 
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n4italia [ 01 Agosto 2012, 13:55 ]
 


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