Il 25 ottobre lʼinsurrezione bolscevica toccava il suo apice, poi suggellata dalla presa del Palazzo dʼInverno. Un evento epocale che cambiò il destino non solo della Russia, ma anche dellʼEuropa e del mondo
Quando, nel febbraio 1917, il popolo russo aveva chiesto "pace e pane" e rovesciato lo zarismo, mai avrebbe pensato che quasi un anno dopo si sarebbe trovato a fare ancora i conti con la Grande Guerra e la fame. Quelli che erano stati i veri protagonisti della rivoluzione - operai, contadini e soldati - non si sentivano rappresentati dal governo provvisorio nato con la Rivoluzione di Febbraio. Così, nella notte tra il 6 e il 7 novembre 1917 (24 e 25 ottobre secondo il calendario russo), le formazioni armate dei bolscevichi guidate da Lenin occuparono i centri nevralgici di Pietrogrado. Il giorno seguente, cadde anche il Palazzo d'Inverno, che in seguito divenne la "Bastiglia russa", il simbolo stesso della rivoluzione.
"Tutto il potere ai soviet": era questo lo slogan che riecheggiava nelle strade di Pietrogrado e Mosca e nei corridoi del Palazzo d'Inverno. Si era infine realizzato quel "passaggio", teorizzato da Lenin nelle sue celebri "Tesi di aprile", dalla "prima tappa" della rivoluzione ("che aveva dato il potere alla borghesia", cioè al governo provvisorio) alla "seconda tappa", che "deve dare il potere al proletariato e agli strati poveri dei contadini".
Dopo la Rivoluzione di Febbraio, al governo provvisorio, detentore del potere reale, si erano contrapposti i soviet, detentori del potere reale. In seno a questi "consigli" (la traduzione letterale dal russo è proprio questa) di operai e soldati, l'influenza maggiore era esercitata dai menscevichi e dai socialrivoluzionari. Il primo episodio di esplicita ribellione al governo provvisorio si ebbe qualche mese prima, a metà luglio: a Pietrogrado soldati e operai armati scesero in piazza per impedire la partenza per il fronte di alcuni reparti. L'insurrezione però fallì e alcuni leader bolscevichi furono costretti a fuggire dalla Russia.
Lenin e le "Tesi di aprile" - Questo ci porta dritti dritti alla vicenda di Lenin, che nell'aprile del 1917 rientrò nel Paese dall'esilio in Svizzera, dopo un avventuroso viaggio attraverso l'Europa dilaniata dalla guerra. Il ritorno del leader bolscevico fu reso possibile dalle autorità tedesche, che in questo modo speravano di indebolire quanti in Russia si battevano per continuare a combattere la Grande Guerra.
La rivolta che contraddisse Marx - Non appena giunto a Pietrogrado, Lenin diffuse un documento in dieci punti (le "Tesi di aprile", per l'appunto) in cui poneva in termini immediati la questione della "presa del potere". Veniva così rovesciata la teoria marxista ortodossa, secondo la quale la rivoluzione proletaria sarebbe scoppiata prima nei Paesi più sviluppati, come risultato delle contraddizioni del sistema capitalistico giunto al suo epilogo. Era invece la Russia, in quanto "anello più debole" della catena imperialista, a offrire le condizioni più favorevoli per la crisi del sistema.
I "commissari del popolo" - Dicevamo del fallimento dell'insurrezione bolscevica di metà luglio. Bene, quello fu l'ultimo successo del governo provvisorio. In agosto il principe L'vov fu sostituito dal socialista rivoluzionario Kerenskij, che riuscì poi a sventare un colpo di Stato militare da parte del generale Kornilov. Ma anche in questo caso i protagonisti della rivolta, che impedì la svolta militare, furono i bolscevichi. I tempi erano maturi per rovesciare il governo provvisorio. Nacque così il comitato rivoluzionario capeggiato da Lenin: i suoi membri, tra cui figurava anche Lev Trockij (o Trotsky), si fecero chiamare "commissari del popolo", a sottolineare la rottura con il passato "borghese".
I primi atti del governo rivoluzionario riguardarono i problemi più immediati: la pace e la questione agraria. I contadini volevano le terre, gli operai chiedevano il controllo delle fabbriche e il popolo l'uscita dalla guerra. Le autorità sovietiche trattarono dunque una pace immediata senza annessioni, cioè senza la conquista di terre e popoli stranieri.
Un decreto sulla terra abolì senza indennizzo la grande proprietà fondiaria, confiscando e mettendo a disposizione dei comitati agricoli le tenute dei latifondisti, le terre del demanio e quelle della chiesa. Venne inoltre decretato il controllo operaio su produzione, conservazione e compravendita di tutti i prodotti e le materie prime. La misura era rivolta non solo a tutte le imprese industriali, ma anche alle banche e alle attività commerciali.
Le contraddizioni e l'equivoco della rivoluzione - Al culmine del suo successo, però, la Rivoluzione d'Ottobre svelò le sue contraddizioni di fondo. Nella provincia russa, i contadini portavano a termine la loro rivoluzione, con la sanzione del governo. Prendendo e distribuendo la terra e disertando dai reparti, i contadini chiedevano uno Stato più "leggero e pacifico", che lasciasse ampi margini alle autonomie locali. Gli slogan dell'ottobre (terra, pace e potere sovietico) riflettevano questi desideri. Ed è proprio all'interno di questo equivoco che vanno ricercati i presupposti degli sviluppi successivi, nel futuro Urss come nel resto del mondo.
La lunga ombra dell'ottobre russo - E parliamone, del resto del mondo. Come le rivoluzioni del 1789 e del 1848 si erano propagate dalla Francia non all'Inghilterra, ma verso Oriente ai Paesi meno avanzati dell'Europa centrale, così la rivoluzione russa proiettò la sua ombra non verso Occidente, ma verso Est, nel meno avanzato continente asiatico. E' la tesi di Edward H. Carr, il maggiore storico delle vicende dell'Unione Sovietica: lo "scossone" russo poteva ora essere visto non solo come una rivolta contro il capitalismo borghese nel più arretrato Paese occidentale, ma come una rivolta contro l'imperialismo occidentale nel più avanzato Paese orientale.
Nel suo ultimo articolo, Lenin si consolava del fallimento della rivoluzione in Europa con la considerazione che "l'Oriente è già entrato a far parte del movimento rivoluzionario" e che "la Russia, l'India e la Cina forniscono la maggioranza della popolazione del mondo". La fiaccola dell'ottobre russo, abbandonata dall'Europa, era stata dunque raccolta dai popoli dell'Asia e dell'Africa in precedenza dipendenti, di nome o di fatto, dalle potenze europee. Anche per questo motivo, la rivoluzione russa ha aperto un nuovo periodo nella storia del mondo.
"Tutto il potere ai soviet": era questo lo slogan che riecheggiava nelle strade di Pietrogrado e Mosca e nei corridoi del Palazzo d'Inverno. Si era infine realizzato quel "passaggio", teorizzato da Lenin nelle sue celebri "Tesi di aprile", dalla "prima tappa" della rivoluzione ("che aveva dato il potere alla borghesia", cioè al governo provvisorio) alla "seconda tappa", che "deve dare il potere al proletariato e agli strati poveri dei contadini".
Dopo la Rivoluzione di Febbraio, al governo provvisorio, detentore del potere reale, si erano contrapposti i soviet, detentori del potere reale. In seno a questi "consigli" (la traduzione letterale dal russo è proprio questa) di operai e soldati, l'influenza maggiore era esercitata dai menscevichi e dai socialrivoluzionari. Il primo episodio di esplicita ribellione al governo provvisorio si ebbe qualche mese prima, a metà luglio: a Pietrogrado soldati e operai armati scesero in piazza per impedire la partenza per il fronte di alcuni reparti. L'insurrezione però fallì e alcuni leader bolscevichi furono costretti a fuggire dalla Russia.
Lenin e le "Tesi di aprile" - Questo ci porta dritti dritti alla vicenda di Lenin, che nell'aprile del 1917 rientrò nel Paese dall'esilio in Svizzera, dopo un avventuroso viaggio attraverso l'Europa dilaniata dalla guerra. Il ritorno del leader bolscevico fu reso possibile dalle autorità tedesche, che in questo modo speravano di indebolire quanti in Russia si battevano per continuare a combattere la Grande Guerra.
La rivolta che contraddisse Marx - Non appena giunto a Pietrogrado, Lenin diffuse un documento in dieci punti (le "Tesi di aprile", per l'appunto) in cui poneva in termini immediati la questione della "presa del potere". Veniva così rovesciata la teoria marxista ortodossa, secondo la quale la rivoluzione proletaria sarebbe scoppiata prima nei Paesi più sviluppati, come risultato delle contraddizioni del sistema capitalistico giunto al suo epilogo. Era invece la Russia, in quanto "anello più debole" della catena imperialista, a offrire le condizioni più favorevoli per la crisi del sistema.
I "commissari del popolo" - Dicevamo del fallimento dell'insurrezione bolscevica di metà luglio. Bene, quello fu l'ultimo successo del governo provvisorio. In agosto il principe L'vov fu sostituito dal socialista rivoluzionario Kerenskij, che riuscì poi a sventare un colpo di Stato militare da parte del generale Kornilov. Ma anche in questo caso i protagonisti della rivolta, che impedì la svolta militare, furono i bolscevichi. I tempi erano maturi per rovesciare il governo provvisorio. Nacque così il comitato rivoluzionario capeggiato da Lenin: i suoi membri, tra cui figurava anche Lev Trockij (o Trotsky), si fecero chiamare "commissari del popolo", a sottolineare la rottura con il passato "borghese".
I primi atti del governo rivoluzionario riguardarono i problemi più immediati: la pace e la questione agraria. I contadini volevano le terre, gli operai chiedevano il controllo delle fabbriche e il popolo l'uscita dalla guerra. Le autorità sovietiche trattarono dunque una pace immediata senza annessioni, cioè senza la conquista di terre e popoli stranieri.
Un decreto sulla terra abolì senza indennizzo la grande proprietà fondiaria, confiscando e mettendo a disposizione dei comitati agricoli le tenute dei latifondisti, le terre del demanio e quelle della chiesa. Venne inoltre decretato il controllo operaio su produzione, conservazione e compravendita di tutti i prodotti e le materie prime. La misura era rivolta non solo a tutte le imprese industriali, ma anche alle banche e alle attività commerciali.
Le contraddizioni e l'equivoco della rivoluzione - Al culmine del suo successo, però, la Rivoluzione d'Ottobre svelò le sue contraddizioni di fondo. Nella provincia russa, i contadini portavano a termine la loro rivoluzione, con la sanzione del governo. Prendendo e distribuendo la terra e disertando dai reparti, i contadini chiedevano uno Stato più "leggero e pacifico", che lasciasse ampi margini alle autonomie locali. Gli slogan dell'ottobre (terra, pace e potere sovietico) riflettevano questi desideri. Ed è proprio all'interno di questo equivoco che vanno ricercati i presupposti degli sviluppi successivi, nel futuro Urss come nel resto del mondo.
La lunga ombra dell'ottobre russo - E parliamone, del resto del mondo. Come le rivoluzioni del 1789 e del 1848 si erano propagate dalla Francia non all'Inghilterra, ma verso Oriente ai Paesi meno avanzati dell'Europa centrale, così la rivoluzione russa proiettò la sua ombra non verso Occidente, ma verso Est, nel meno avanzato continente asiatico. E' la tesi di Edward H. Carr, il maggiore storico delle vicende dell'Unione Sovietica: lo "scossone" russo poteva ora essere visto non solo come una rivolta contro il capitalismo borghese nel più arretrato Paese occidentale, ma come una rivolta contro l'imperialismo occidentale nel più avanzato Paese orientale.
Nel suo ultimo articolo, Lenin si consolava del fallimento della rivoluzione in Europa con la considerazione che "l'Oriente è già entrato a far parte del movimento rivoluzionario" e che "la Russia, l'India e la Cina forniscono la maggioranza della popolazione del mondo". La fiaccola dell'ottobre russo, abbandonata dall'Europa, era stata dunque raccolta dai popoli dell'Asia e dell'Africa in precedenza dipendenti, di nome o di fatto, dalle potenze europee. Anche per questo motivo, la rivoluzione russa ha aperto un nuovo periodo nella storia del mondo.
Fonte: http://www.tgcom24.mediaset.it/mond...0-201702a.shtml