La bagna càuda, (IPA [baɲa'kɑʊda]; in piemontese, letteralmente, salsa calda) è un tipico piatto della cucina piemontese, originario in particolare delle Langhe, del Roero e del Monferrato, nelle province di Cuneo, di Torino e di Asti.
È un piatto a base di aglio, olio d'oliva ed acciughe salate. Per tradizione è un piatto tipico del periodo della vendemmia, quindi da consumare prevalentemente in autunno ed in inverno: una delle leggende sulla sua nascita vuole proprio che venisse preparato per togliere ai vendemmiatori il dolce, spesso quasi nauseante, dell'uva pigiata.
La bagna càuda si consuma intingendovi vari tipi di verdure di stagione (barbabietole cotte a vapore, specialmente cardi, cipolle cotte al forno, peperoni crudi o cotti, foglie di cavolo crude, topinambur, e tante altre.
Un tempo si usavano solo cardi gobbi, tipici di Nizza Monferrato, i topinambur[1] ed i peperoni conservati nella raspa (ciò che rimaneva del procedimento di vinificazione del grappolo d'uva) e la bagna càuda veniva consumata in maniera conviviale attingendo da un solo contenitore (pèila), posto al centro del tavolo.
Oggi sono diventati tradizionali appositi contenitori in terracotta (fojòt) costituiti da una ciotola a cui è sottoposto un fornellino per mantenere calda la salsa. La bagna càuda può essere accompagnata da un vino rosso corposo (se vogliamo rimanere nel tipico ambiente langarolo, possiamo usare la Barbera, il Nebbiolo, il Barbaresco, o il Dolcetto, quest'ultimo particolarmente utilizzato nei pasti quotidiani dell'Albese).
Indice
Ricetta
1) Sbucciare una manciata di spicchi d'aglio e toglierne l'anima; fare scaldare l'aglio nel latte e toglierlo subito prima che cominci l'ebollizione. Questa operazione rende il sapore dell'aglio meno forte e può essere omessa.
2) Tritare con la mezzaluna gli spicchi d'aglio insieme a una manciata di acciughe sotto olio (soluzione migliore) o sotto sale (in questo caso, premurarsi di levare bene il sale), fino a ottenere un composto omogeneo.
3) Mettere il composto in un pentolino con abbordante olio extravergine di oliva.
4) Fare cuocere a fuoco molto lento (temperature eccessive causerebbero un rapido deterioramento degli ingredienti) e, quando l'aglio e le acciughe tendono a formare un amalgama liquido, versare il contenuto del pentolino nell'apposito contenitore di terracotta detto fojòt, sotto il quale verrà posto un fornellino per mantenere calda la salsa.
5) La salsa si consuma intingendovi semplicemente verdure crude tagliate a fettine, o lasciandovele immerse per un tempo che varia secondo i gusti. La scelta è piuttosto ampia, ma vi sono alcuni vegetali tradizionalmente famosi e consigliabili, quali (per ordine di importanza) il cardo gobbo (da inumidire con succo di limone, per evitare che si annerisca subito), il topinambur, i peperoni, i ravanelli, il cavolo verza, la rapa.
Ricetta torinese del tardo '800 e primo '900
La ricetta dei vecchi tempi consisteva nel togliere "l'anima" all'aglio quindi affettarlo sottilmente in un tegame di terracotta. (N.B.: 1 testa d'aglio per commensale, non 1 spicchio!)
Quindi si copriva il tutto con buon olio di oliva ( nel 1900 l'extra vergine nelle case popolari non era conosciuto) e burro in eguali quantità e si aggiungevano acciughe dissalate (mondandole solo usando l'aceto di vino rosso fatto in casa, e non l'acqua) in ragione di 50 gr a testa.
Il tegame lo si poneva nell'angolo della stufa a legna "putagè" meno caldo in modo che il tutto appena appena sfrigolasse e la cottura si protraeva per alcune ore fino quando le fettine d'aglio risultavano brunite ma morbidissime al palato.
L'abilità della cuoca era di non sottoporre a maggior calore, in quanto se l'aglio bruciava la bagna cauda diveniva amara e non più commestibile.
La famiglia si poneva quindi attorno al tavolo con il tegame al centro su un mattone refrattario (quelli usati per ricostruire il focolare della stufa) scaldato sulla stufa stessa, e tutti si intingeva nella stesso (alla maniera della bourguignonne) le varie verdure, dove non mancava il cardo gobbo, i peperoni macerati sotto la "graspa" cioè tralci/vinacce come residuo della pigiatura di vendemmia, i "tupinabò" (topinambur), la verza, il cuore del sedano, l'insalata belga, cipolle cotte al forno.
Varianti
Per rendere meno pesante l'effetto dell'aglio, le varianti più diffuse contemplano l'utilizzo di latte o panna, in aggiunta all'olio, alle acciughe e all'aglio. La vera ricetta della bagna cauda, tuttavia, non contempla alcun latticino. Varianti molto più rare contemplano formaggi maggiormente stagionati, come il Castelmagno.
La verdura principe da attingere nella bagna è il cardo. A Nizza Monferrato questo ortaggio, per superare la rigidità dell'inverno, viene parzialmente sotterrato; in questo modo la pianta, nel tentativo di cercare la luce, si curva verso l'alto assumendo la caratteristica forma gobba. Questo trattamento permette alla pianta di superare le rigidità dell'inverno e, in particolare, rende il gambo bianco, più tenero e delicato al palato. Nel saluzzese, invece, il cardo viene impacchettato con pesanti fogli di carta legati intorno strettamente: la pianta assume così un aspetto diritto, bianco e tenero.
Informazioni storiche
Questa ricetta è tipica del basso Piemonte in quanto, nei secoli passati, era assai facile procurarsi, in questa zona, l'ingrediente fondamentale, cioè l'acciuga salata, usata tuttora in molte ricette tipiche piemontesi, soprattutto tra gli antipasti. L'antica via del sale infatti, partendo da Hyères in Francia, valicava le Alpi sul Monviso e scendeva nella valle del Po[2].
Molti sostengono che la vera ricetta della bagna cauda dovrebbe contemplare l'utilizzo dell'olio di noci e non dell'olio di oliva. Questo perché le coltivazioni di ulivo sono liguri e non piemontesi. In realtà, fra il Piemonte e la Liguria vi è sempre stato un fitto traffico di olio di oliva e acciughe, questo già fin dai tempi dell'Impero Romano. È pertanto ragionevole assumere come pienamente tradizionale l'uso dell'olio di oliva nella bagna cauda.
La bagna càuda è molto popolare anche in Argentina col nome di bañacauda, diffusa dai molti piemontesi emigrati in Sud America.
fonte: wikipedia
Piatto tipico piemontese: Bagna cauda
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