Il 28 settembre è una data storica per il calcio russo, ed è legata all’Italia. La sera di mercoledì 28 settembre 1966 la “Scala del Calcio”, lo stadio San Siro di Milano, fu il palcoscenico del debutto di una squadra russa (allora sovietica) nella massima competizione europea per club, la Coppa dei Campioni.
L’Internazionale di Helenio Herrera, campione in carica del torneo, ospitò i bianconeri moscoviti della Torpedo nei 1/16 di finale della Coppa Campioni 1966-67. L’andata a Milano terminò con un 1-0 in favore dei nerazzurri, il ritorno a Mosca, il 12 ottobre, si chiuse a reti bianche, con un 0-0 che segnò l’eliminazione della Torpedo.
Quel torneo fu il primo a vedere la partecipazione di tutte le squadre dei paesi allora affiliati all’Uefa (32) e la Torpedo Mosca, la squadra della fabbrica automobilistica Zil, vi prese parte in qualità di campione dell’Unione Sovietica quale si era laureata per la seconda volta nella sua storia l’anno prima. Nell’undici dei bianconeri moscoviti spiccava il talento del leggendario Eduard Strel’cov, soprannominato il “Pelè” russo, che era rientrato al centro dell’attacco della Torpedo dopo cinque anni nei gulag, punizione per aver rifiutato il trasferimento al CSKA Mosca (la squadra dell’esercito) nel 1958.
Sulle pagine del mensile Futbol il giornalista italiano Sergio Marsotto descrisse così il match di Milano, vinto a fatica dall’Inter con un tiro di Mazzola al 63’ deviato nella propria rete dal mediano Voronin.
L’esperienza dei giocatori dell’Internazionale non la possiede nessun’altra squadra al mondo. Sono quattro anni che i nerazzurri non cambiano formazione e con gli stessi giocatori sono scesi in campo negli stadi di decine di paesi, sviluppando una vera e propria immunità rispetto a ciò che accade intorno. Non c’è campo, stadio, pubblico o avversario che li abbia impensieriti. Eppure, nel bagaglio dell’Internazionale mancava qualcosa e lo si è visto mercoledì. I bicampioni d’Europa e del mondo non avevano mai incontrato i campioni dell’Unione Sovietica. E per lo stupore dei 70 mila di San Siro, i giocatori della Torpedo Mosca, sono stati i primi rompere la consolidata trama di gioco dei nerazzurri. Difensori e centrocampisti attenti e rocciosi ed un attacco ispirato da Strel’cov e rifinito da forti tiratori da fuori come Voronin e Brednev, che hanno impegnato seriamente Sarti.
La sconfitta di misura rese se possibile ancora più alta l’attesa della partita di ritorno, che stabilì il record assoluto di pubblico per un incontro di calcio a Mosca. Sui gradoni dello stadio Lenin (oggi Luzhniki) furono quasi 110 mila i sostenitori della Torpedo nel tentativo di rimonta sull’Inter.
La cronaca ci racconta di una partita tesa, in cui il collettivo della Torpedo cercò per 90 minuti il gol della vittoria, tentando invano di rompere quel “Catenaccio” che era il marchio di fabbrica dell’Inter di “H. H.”. La firma Andrej Starostin, all’epoca penna di Futbol, nonchè “Maesto Onorario dello Sport”, per merito della sua carriera di calciatore che prima della Guerra lo vide capitano dello Spartak Mosca, altra grande storica del calcio sovietico e russo.
Nella storia del nostro calcio, l’incontro tra Torpedo e Internazionale lascierà una traccia indelebile. E non solo perchè segna il debutto ufficiale di un nostro club nel massimo torneo di calcio del continente europeo. Abbiamo visto quello che non ci aspettavamo di vedere.
Prima dell’incontro Herrera promise ai giornalisti una grande prestazione: “Il pubblico sovietico ama il calcio. Per noi è importante giocare un bel calcio e se l’Inter giocherà alla grande – e sono sicuro che questo accadrà- conquisterà la simpatia del pubblico.”
Il quale invece fece conoscenza con l’italico Catenaccio, come sottolineò con una
brillante metafora lo stesso Starostin:
Il gol segnato a Milano aveva già determinato in partenza la tattica dell’Inter a Mosca. Il pareggio andava bene agli italiani, ma nessuno, neanche il più fantasioso, avrebbe immaginato di vederli barricati dietro le porte e le finestre di casa propria, contenti di vedere la porta del vicino solo da dietro i buchi delle serrande.
Ne venne fuori una partita ad una porta sola, dove la Torpedo attaccò incessamente e Strel’cov ingaggiò una sfida personale contro il portiere dell’Inter, ultimo baluardo difensivo della sua squadra.
“Una vera rarità negli incontri tra squadre di alto rango: gli ospiti non hanno fatto neanche un tiro in porta! Il conto degli angoli segna un 11-0 a favore della Torpedo. Se non ci fosse stata l’inversione di campo, a fine partita il terreno sarebbe stato brullo per metà, e quasi immacolato per l’altra. La superiorità territoriale dei moscoviti è stata schiacciante. In una delle occasioni Strel’cov ha sfoderato un potente tiro che ha colpito in pieno l’incrocio dei pali rimbalzando sulla linea di porta, e solo lì il portiere Sarti è riuscito a respingerlo. Prima della partita Herrera aveva promesso un bel calcio. Lo è stato solo nella forma, ma non nel contenuto. I musicisti sono stati bravissimi, ma hanno suonato una nota sola.”
Una nota che bastò all’Inter per continuare a cantare fino alla finale del torneo, persa contro il Celtic di Glasgow. A Mosca invece il ricordo di quella sera di quarantacinque Coppe dei Campioni fa, rivive nel bianconero delle casacche della Torpedo e dei videoframmenti dell’epoca, ma anche a colori. Quelli dei murales celebrativi che ritraggono le glorie della Torpedo sulle pareti della scalinata che porta all’ingresso delle tribune dello stadio Strel’cov.
http://italian.ruvr.ru/2012_09_28/89632493/