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Morto Solgenitsin
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Messaggio Morto Solgenitsin 
 
Lo scrittore russo aveva 89 anni

Morto Solgenitsin, il cantore dei Gulag
Nel 1970 gli venne assegnato il premio Nobel per la letteratura

MOSCA - È deceduto lo scrittore russo Alexander Isaevich Solgenitsin, aveva 89 anni. Premio Nobel per la letteratura nel 1970, Solgenitsin legò la sua fama all'Arcipelago Gulag, la descrizione del sistema concentrazionario dell'Unione sovietica.

LAGER - Combattente nella seconda guerra mondiale, nel 1945 per un allusione a Stalin in una sua lettera venne condannato a otto anni di lager, e poi per altri tre. Nel 1956 venne rilasciato e riabilitato. Nel 1962 pubblicò Una giornata di Ivan Denisovich: per la prima volta nella letturatura sovietica si parlava dei campi di concentramento comunisti. I successivi romanzi furono Divisione Cancro (1967) e Il primo cerchio (1969).

ESPULSO - Solgenitsin divenne la figura più importante del dissenso russo degli anni Settanta sotto il regime di Breznev e nel 1974 venne espulso dall'Urss dopo la pubblicazione all'estero della trilogia Arcipelago Gulag. Dapprima si stabilì a Zurigo e poi negli Stati Uniti nel Vermont. Alla fine dell'Unione Sovietica, Boris Eltsin gli ridiede la cittadinanza russa ma ritornò in patria solo nel 1994.

Fonte: Corriere della Sera
 



 
direttore Invia Messaggio Privato
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Messaggio Re: Morto Solgenitsin 
 
Sono state tradotte le sue opere anche in italiano?
  Se qualcuno ha letto "Arcipelago Gulag" forse vi sara` interessante sapere cosa vuol dire Gulag: e` una sigla ( G -Государственное   U - Управление  lag - лагерей ), cioe` Comitato Statale dei campi di concentramento.
 



 
Luda Mila Invia Messaggio Privato Skype
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Messaggio Re: Morto Solgenitsin 
 
Tutti lo ricordano come colui che ha scritto il libro arcipelago gulag . Ma in un certo senso fu anche un profeta quando dopo la caduta del comunismo tornando dall'esilio disse : riconosco i luoghi ma non piu' l'anima russa , si e' persa nel consumismo , nella globalizzazione e nel cosmopolitismo .
 




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Lo so , non si dovrebbero mai seguire i propri bassi istinti ; ma non sono che un uomo .

"Solo due cose sono infinite, l'universo e la stupidità umana , e non sono sicuro della prima"
( A.Einstein )
 
pretender Invia Messaggio Privato
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Messaggio Re: Morto Solgenitsin 
 
Luda Mila ha scritto: [Visualizza Messaggio]
Sono state tradotte le sue opere anche in italiano?


Sì, sono state tradotte tantissime cose. C'è perfino una casa editrice che si chiama "La casa di Matriona" (dall'omonimo racconto di Solzhenitsyn).
 



 
Sergio Mazzanti Invia Messaggio Privato
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Messaggio Re: Morto Solgenitsin 
 
Non me lo immaginavo... Grazie per l`informazione, Sergio!
Allora puo` darsi che conosciate Solgenitsin meglio dei russi. Comunque adesso anche in Russia si trovano tutte le sue opere in vendita`. Ricordo invece gli anni 70 quando lui era uno scrittore proibito. Eravamo studenti e leggevamo "Una giornata di Ivan Denisovich" di nascosto; non era un libro ma un fascicolo di fogli battuti a macchina che ci passavamo a turno. Eh, c`erano i tempi...
 



 
Luda Mila Invia Messaggio Privato Skype
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Messaggio Re: Morto Solgenitsin 
 
Un altro grande russo scompare, una figura davvero controversa di dissidente nazionalista e di fervente scrittore.
Ho letto alcune delle sue opere con grande interesse, quando ero al liceo. Ricordo di aver tratto ampiamente spunto per la
tesina di maturità sui totalitarismi. "Arcipelago Gulag" è un'opera mastodontica che contiene dei passi di straordinario realismo. La testimonianza che ha dato sulle repressioni del periodo staliniano gli rende onore. Molte cose ci sono note sui campi di concentramento nazisti, poche cosa ancora sul sistema dei Gulag. In questo campo si può dire che Solgenitsin sia stato una sorta di pioniere. Un po' più discutibile, ma comunque di grande spessore culturale, la sua aspirazione quasi mistica al recupero delle radici più autentiche e religiose delle nazione russa, a suo dire smarrite durante l'esperienza sovietica.

Allego qui di seguito un articolo di Massimiliano Di PAsquale tratto da affaritaliani.it

Solzhenicyn: il dissidente nazionalista-religioso
“La cultura politica di Solzhenitsyn è modesta, e quasi esclusivamente russa: forse è proprio questo che gli dà la forza di fare quello che altri non hanno potuto. Le concezioni nazionali e religiose di Solzhenitsyn, le sue idee e la sua ideologia costituiscono una sfida per molti di noi, specialmente per coloro che hanno tentato una critica dello stalinismo dal punto di vista della sinistra, ovvero del socialismo dal volto umano: ma l’effetto da lui prodotto è di gran lunga maggiore del nostro. Sento quanto le mie riserve nei confronti dell’ideologo (in certa misura anche nei confronti dello scrittore,in particolare del romanziere) siano deboli e insufficienti di fronte alla sbalorditiva impresa di Arcipelago Gulag.”

Così Predrag Matvejevic in una lettera alla casa editrice di Zagabria “August Cesarec” dell’autunno 1974, in cui l’intellettuale di Mostar chiedeva la pubblicazione di Arcipelago Gulag anche in Jugoslavia. La lunga missiva, scritta dopo l’espulsione dall’Unione Sovietica di Solzhenitsyn, è davvero illuminante per comprendere molte delle questioni legate alla dissidenza sviluppatasi in URSS nel periodo chruscioviano grazie al proliferare dei samizdat (autoedizioni) e per chiarire i contorni di una complessa figura politico-intellettuale come quella dello scrittore russo. Riconoscendo la monumentalità di Arcipelago Gulag, Matvejevic intuisce sin da subito la portata storica di un libro che denunciando il totalitarismo sovietico toglieva ogni alibi a tutti coloro “che non hanno voluto credere nell’esistenza dei lager nell’Unione Sovietica e che non gradiscono che si ricordi loro questo fatto”.

Allo stesso tempo l’individuazione lucida e puntuale di un pensiero politico nazionalista-religioso in cui non vi è alcun progetto di trasformazione della società sovietica – in contrasto con quanto teorizzato dal democratico Andrej Sacharov – fornisce una chiave di lettura davvero efficace per comprendere le posizioni politiche assunte da Solzhenitsyn in tempi più recenti. Posizioni altrimenti incomprensibili a gran parte di quel mondo occidentale che ha letto il dissenso in maniera monolitica. Non solo nell’Unione Sovietica degli anni ’70 non esisteva una netta linea di demarcazione tra dissenso e cultura ufficiale, ma quello che veniva definito in Occidente come dissenso comprendeva al suo interno almeno tre filoni. Una corrente comunista-leninista rappresentata da Roj Medvedev, una liberale-democratica impersonificata dal fisico Andrej Sacharov e una nazionalista-religiosa guidata da Aleksander Solzhenitsyn.
Mentre le prime due correnti erano minoritarie – il loro seguito piuttosto eseguo (circa 20-30.000 persone su 500.000 dissidenti stimati ad inizio anni ‘70) - quella nazionalista-religiosa raccoglieva un ampio consenso non solo tra le schiere dei dissidenti ma anche in quegli ambienti vicini all’apparato che auspicavano una maggiore russificazione dell’Unione. A ben vedere il Comitato Centrale del Komsomol fin dal 1965 aveva spinto per un’educazione patriottica delle nuove generazioni per controbattere le mode occidentali. La fede nazionalista – in base alla quale Solzhenitsyn sostiene che “esiste solo la Russia e gli altri popoli dell’Unione, specie se slavi, sono una variante dei russi”  - era considerata una risposta alla crisi dell’ideologia ufficiale “internazionalista”.

Dettaglio questo che non sfugge all’analisi di Matvejevic che sottolinea come Stolipyn - Primo Ministro dello zar Nicola II – idolatrato da Solzhenitsyn fosse in realtà “ visto dai popoli non russi (dagli ucraini, ad esempio) come un oppressore”. Con il crollo dell’Unione Sovietica e il ritorno in patria dopo gli anni dell’esilio, Solzhenitsyn sviluppa ulteriormente questo suo pensiero panslavico avvicinandosi sempre più alle posizioni della Chiesa Ortodossa e al nazionalismo della “democratura” putiniana. Il famoso articolo “Come salvare la nostra Russia”, pubblicato nel settembre 1990 da un quotidiano sovietico, può essere legittimamente considerato il manifesto politico per la Nuova Russia che doveva sorgere dalle ceneri del bolscevismo.

La condanna dei bombardamenti NATO in Serbia nel 1999 paragonata agli eccidi nazisti e le sprezzanti parole nei confronti delle rivoluzioni colorate in Georgia e in Ucraina, considerate complotti occidentali verso la Russia, dicono di una singolare figura di intellettuale che nel corso della sua vita ha sempre esecrato “il mondo infiacchito, egoista e corrotto” rappresentato dall’Occidente.
 




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