[color=red:82d0f34153][size=18:82d0f34153][b:82d0f34153]CINQUE MODI PER COMBATTERE L'INERZIA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE[/b:82d0f34153][/size:82d0f34153][/color:82d0f34153]
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E' stato scritto a proposito del linguaggio usato dalla Pubblica Amministrazione (c.d. burocratese): "Tutti sanno d'altra parte come l'ipertecnicismo, l'uso del gergo da iniziati, costituisca spesso un espediente per imprimere soggezione all'interlocutore, per impressionarlo e ridurne al contempo la possibilità critica; come altrettanto spesso tale atteggiamento mascheri un desolante vuoto concettuale" (AINIS La legge oscura. Bari, 1997, p.189). Invero, all'interesse a non farsi mai capire fino in fondo si associa, assai di frequente, l'inerzia della Pubblica Amministrazione di fronte alla richiesta di un provvedimento avanzata da un soggetto allo scopo di ottenere un atto a lui favorevole, come ad esempio è per un extracomunitario un permesso di soggiorno. Spesso, come nell'esempio appena fatto, il tempo entro cui l'Amministrazione provvede non è di poco conto ed incide profondamente sulle attese e soprattutto sugli interessi del richiedente (è di tutta evidenza la differenza che intercorre per un extracomunitario, e per la sua famiglia, nel muoversi nel territorio di uno Stato straniero con o senza un permesso di soggiorno). Principio cardine del nostro ordinamento è quello secondo cui quando l'Amministrazione è debitrice verso il privato di attività e provvedimenti, l'obbligo non è direttamente coercibile con i normali rimedi giurisdizionali attuabili tra privati, non potendo il giudice sostituirsi all'Amministrazione nell'esercizio del potere amministrativo e, in particolare, in quella modalità di esercizio che è costituita dalla discrezionalità . In alte parole il soggetto non può adire il giudice per chiedere l'accertamento della propria situazione soggettiva e la condanna della Pubblica Amministrazione all'emanazione dell'atto richiesto. Ciò premesso, va detto che il privato non è completamente privo di tutela di fronte al silenzio o, comunque, alla prolungata inerzia dell'Amministrazione nel provvedere. Difatti, ferma restando la discrezionalità dell'Amministrazione di operare le proprie scelte nel rispetto della legge e motivandone logicamente e congruamente i contenuti, il tempo entro cui le stesse devono intervenire non può essere infinito nè, tantomemo, indefinito. Infatti, ai sensi dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 le Pubbliche Amministrazioni devono determinare, con propri atti di natura regolamentare, per ciascun tipo di procedimento, il termine entro cui esso deve concludersi. Ciò ovviamente quando il termine non sia già predeterminato da altra disposizione normativa. Qualora le Pubbliche Amministrazioni non abbiano provveduto è la stessa l. n.241/90 che stabilisce che il termine è di trenta giorni. Cosa fare nel caso in cui la Pubblica Amministrazione non rispetti il termine stabilito e, comunque, non motivi con precise circostanze (di fatto e/o di diritto) l'impedimento a provvedere? Il soggetto ha diverse possibilità giuridiche per far valere le proprie ragioni innanzi ai silenzi e ai ritardi dell'Amministrazione. Si tratta di strumenti che possono essere utilizzati in modo alternativo o congiunto, pur ricordando che il rimedio di carattere penale deve essere considerato l'extrema ratio ed utilizzato solo quando gli altri mezzi non abbiano dato sufficiente tutela.
1. Diffidare l'Amministrazione a provvedere entro e non oltre 30 giorni e successivamente impugnare avanti al giudice amministrativo il silenzio-rifiuto formatosi e chiedere, oltre il suo annullamento, la condanna a provvedere.
2. Segnalare l'inerzia del responsabile del procedimento al superiore gerarchico e/o ai servizi di controllo interno e/o agli uffici ispettivi dell'Amministrazione affinchè prendano i provvedimenti di loro competenza (provvedimenti disciplinari, valutazioni negative ai fini della corresponsione della parte accessoria dello stipendio del pubblico dipendente, fino al trasferimento ad altro ufficio per incompatibilità ambientale, ecc.).
3. Segnalare il disservizio alla Procura regionale della Corte dei Conti indicando il soggetto responsabile del procedimento, la norma che obbliga a provvedere entro un certo termine e prospettando il danno erariale derivante dall'inerzia amministrativa (ad. es. danno all'immagine della stessa Amministrazione).
4. Denunciare alla Procura della Repubblica il responsabile del procedimento per omissione di atto di ufficio (art. 328, cod. pen.), previa attivazione della procedura di perfezionamento del reato ivi prevista.
5. Esperire nei confronti della Pubblica Amministrazione e del responsabile del procedimento un'azione risarcitoria innanzi al giudice ordinario quando vi sia un evento dannoso, qualificabile come danno ingiusto, e sia riferibile ad una condotta (positiva o omissiva) della Pubblica Amministrazione e che sia imputabile a dolo o colpa della stessa Amministrazione.
- Articolo del dott. Aldo Lopez. -